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Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo xv ai figliuoli esuli Frontmatter and Commentary Edited by Cesare Guasti Firenze: G. C. Sansoni, 1877 LETTERA SEDICESIMA: ANNOTAZIONI |
ANNOTAZIONE A
[p. 170] =Al nome di Dio. A dì 14 d'agosto 1459.
Fratello carissimo. A di 21 di giugno fu l'ultima mia .... Eri avvisato quanto avevo
auto da mona Lesandra sino a quello di. Dipoi non ho auto altro. Credo per insino a
l'Ognissanti piglierà partito del forte delle terre da Quaracchi. Di così la
conforto. Parebbeti che di questi tengo, si dovessino trafficare e per terzo partire poi
l'utile, o si veramente darne più pregio che 9. A che ti rispondo, ch'egli è
vero che al bisogno nostro il pregio è piccolo: ma a me sono troppi, a' pochi
guadagni sono oggi, e li pericoli grandi. E '1 trafficarli a comune non si può,
perchè lei non vole sopportare pericolo. A me parrebbe che finito sieno questi di
Quaracchi, ciascuno dovessi tirare a sè la terza parte, e ciascuno se li travagliassi
lo meglio sapessi, per infino a tanto che si mettessino in luogo sodo, cioè in una
compagnia. Non so ancora che intenzione se ne sia la sua; perchè a questi di mi
scrisse, che faceva conto, come queste cose da Quaracchi fussino finite, intendersi con
noi di questi danari: Niccolò venne qui; e, secondo lui, la principale cagione è suta per confortarci e ricordarci che facciamo pensiero dove vogliano fare patria. E a lui li va molto per l'animo Vignone; e dove io ragionavo di 156 o 157, lui s'addirizza a Vignone; e come Iacopo ti desse licenza, vorrebbe te ne andassi là, e dessi modo a fare qualche cosa, e poi pigliassi casa; e lui infra uno anno, o diciotto mesi, ne verrebbe in l: poi, io. El disegno non mi dispiacerebbe, se non per dua cose. L'una, l'essere fuori d'Italia: l'altra, che sarebbe molto difficile a condurre di l nostra madre. Fa lui pensiero, che disposti fussimo noi, adattare poi che mona Lesandra venissi a Roma, e che noi vi andassimo, e con molte ragioni vincere lei al convertirla. Non ha ancora auto da noi ricisa risposta. Credo che male la potrèno fare, per non essere ancora in disposizione da fare, o vero da poterlo mettere a secuzione; chè abbisogna mettere più paglia sotto. E in questo mezzo molte cose potrebbono seguire da promutarlo. Saprai che appuntamento se ne farà. Credo la sua principale cagione sia suta per riscorrere le scritture, e intendere come mi sono governato, e se sono ito leale: e per insino a qui non m'ha appuntato di nulla, che non l'abbia molto bene satisfatto. E intorno a questa parte credo se ne andrà con l'animo molto scarico.... Bene mi conforta a lo stare. Io sto per infino a tanto che si vegga il Regno posato: e con lui me n'accordo; e così sono più mesi cominciai a fare.
[p. 172] Tenendo dietro ai Catasti dal 1427 in poi, si vede dalle portate, che mona Alessandra non fece che vendere. Cominciò a' 10 giugno del 1437 da un poderuzzo con boschi e casolare posto nel popolo di San Cresci a Maciuoli, e fino al 65 alienò beni; intanto che alla portata del 1469 non ebbe da scrivere fra le sostanze che un podere nel popolo di Santo Stefano a Pozzolatico. E che i danari mandasse a' figliuoli per trafficarli, si rileva anche dalla detta portata; dove, dopo un par di migliaia di fiorini che aveva sul Monte, pone fra le proprie sostanze « un traffico a Napoli in Filippo e Lorenzo mia figliuoli, del quale s'è scritto a Filippo, che là si truova, che ne mandi la sustanzia; e al tempo vi se ne darà notizia ». Niccolò Strozzi, col quale stava Filippo, nasceva da una parente della Costanza Guasconi; cioè dalla Leonarda di messer Niccolò. Altri parentadi fra Strozzi e Medici di questo tempo non conosco. Caterina di Niccolò di Nofri di Palla Strozzi aveva sposato nel 1424 Piero di Neri di Francesco Ardinghelli: e di questo matrimonio nascevano Niccolò, Luigi e Francesco qui rammentati. Di Niccolò si parla poi in altre Lettere, come accostatosi ai Medici, anche troppo!
[p. 174]
Il 6 di agosto del 1417 prete Simone del fu Bernardo di Lamberto do' Bellagi,
rettore della chiesa di S. Maria a Soffiano, fece testamento, nel quale costituì suoi
eredi universali Leonardo, Simone, Piero e Pinaccio figliuoli di Filippo di messer
Leonardo degli Strozzi, non solo ne' beni mobili e immobili, ma anche in tutte le sue
dignità, onori, preminenze, e inclusive in sella et freno equi domini Episcopi
fiorentini, existentibus super equo dicti domini Episcopi, super quem ipse dominus
Episcopus fiorentinus equitabat et equitare consueverat, et equitat et equitare contingit in
futurum in et per civitatem Florentie tempore sui novi introytus, et die et tempore
ingressus dicti domini Episcopi prima vice sui ingressus in civitate predicta, vigitabat et
vigilare actenus consuevit Abbatissam et seu moniales et seu Capitulum et conentum
monialium Sancti Petri ZVIa ioris de Florentia .... Qui equus, cum prefatus dominus
Episcopus de equo descendebat, remanere consuevit pene prefatam Abbatissam et sibi
dimicti et relapxari, et sella et frenus dicti equi dari et tradi et concedi prefato testatori et
suis predecessoribus et antiquioribus de dicta stirpe et progenie de Bellagiis de
Florentia, quod eius contrarii memoria non habetur. Dovevano peraltro gli eredi dare a
madonna Agata del fu Matteo, nipote del testatore, sessanta fiorini d'oro. E ai detti
Strozzi, quando repudiassero l'eredita, sostituiva altri NOTES A-1. Cominciano le cifre; nè tutte mi è riuscito spiegarle. Queste accennano a' luoghi dove era disegno di andare a « far patria ». D-1. Pare che le contestazioni per questa « preminenza » fossero antiche, giacchè troviamo in un estratto di rogiti compilato da Carlo Strozzi (Cod. Z 1222, c. 729-32) che, fino dal 1358, Piero dì Bellagio, nell'entrata del vescovo Filippo dell'Antella, ebbe contestato il suo diritto da Bartolommeo detto Golfo del fu Masseo di Chiarissimo. Il vescovo depositò la sella in mano di messer Lapo abate di S. Miniato al Monte; e poi, sentite le ragioni delle parti, l'aggiudico a Piero di Bellagio. Parimente, nell'ingresso del vescovo Agnolo da Ricasoli (1370), madonna Rossa del fu Neri Sollazzi ne contestò il diritto a prete Simone del q. Bernardo cappellano di Santa Maria Maggiore, e il Vescovo ne fece deposito in mano d'un terzo, che poi l'aggiudico a prete Simone.
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