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Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo xv ai figliuoli esuli Frontmatter and Commentary Edited by Cesare Guasti Firenze: G. C. Sansoni, 1877 LETTERA SETTANTUNESIMA: ANNOTAZIONI |
ANNOTAZIONE A
[p. 594]
= Resto avvisato della pratica savate mossa della. Marietta .... E dell'openione tuo intendo;
simile, come Marco e mona Lessandra vi consentono; .... e vorresti averne mio openione.
A che ti dico, ch'io sono di contrario parere di voi; che non sia nè 'l bisogno tuo nè della
Casa nostra. Confessoti che sia da mettere per bella. fanciulla, o vuoi dire donna, e che ha
buona dota: ma in opposito mi pare vi sieno tante parti, che pesono assai più che le buone.
Di prima faccia, a chi lo sentirà, parrà che noi vi manchiamo di riputazione, perché la
mercatanzia non va, tanto è soprastata e suta percossa e costi e altrove; e l'essere
trasandata di tempo, e sanza padre e sanza madre, e fuori di casa sua, essendo bella, non
sarebbe gran fatto che ci fussi qualche macchia. Poi penso, che noi abbiamo pure bisogno
costi di parenti; che ne siamo molto spogliati: e tu acquisterai Giovanfrancesco e cotesti
Ardinghelli; l'uno e l'altro falliti; e con che infamia viva Giovanfrancesco, lo sai al pari di
me. Inoltre, a Piero e a li altri dello Stato dispiacerà, ancora che dica sì: e al primo
squittino ce n'avvedrèno, Al che Lorenzo rispondeva lungamente il 14 di marzo, conchiudendo: = Quando questa non avessi effetto (che quando tu non volessi di buon animo, non l'arà), abbi per certo specificato che altra non vorrò mai avere. = Una lettera di Marco Parenti, de' 23 di marzo, veniva a mettere un po' di calma nell'animo di Filippo.
=Delle pratiche di Lorenzo. P. di Nutozzo ha maritata la sua a messer Domenico
Bonsi. La pratica mia, non se ne sente nulla: l'altre cose, sai come sono ite; in modo che ne
sono invilito. E restaci cose che, se ora avessi a fare per te, sono certo che ti parrebbe
essere impacciato. In segno di ciò, messer Tommaso Soderini ha dato a uno de' suoi la
figliuola del marchese Gabriello da Fosdinuovo. Per questa cagione, la pratica dove lui si
volge, per me non s'è contradetta; benchè tutte le ragioni che assegni, conosca essere vere.
Vorrei sapere mettere uno iscambio migliore, e nollo so. Ancora mi sono ritenuto del
contradire perchè assai volte, dove mi sono opposto, pare che venga fatto: e tu lo sai.
Però, il primo dì te ne scrissi, che fra voi ve la intendessi, ch'io non ne volevo carico. E
questa è una di quelle che mi pare che sia nata in modo, ch'io dubito non venga di sopra: e
di già ci sono e segni: chè se non si aspettassi altro che 'l consenso delle proprie parti, a cui
tocca, sarebbe giù fatto: che solo 'a udirle narrare m'hanno Lo stesso Marco Parenti, a' 21 d'aprile 1469: =Ieri ebbi la tua de' di 9, risposta a l'ultima mia. E innanzi ti risponda a quella, dico che buom pro ti facci della fanciulla ti nacque ieri, come da Lorenzo se' avvisato. Parmi che avendone uno maschio, e visto tanto quant'egli è, che non meno ti debbi rallegrare di questa, sendo femina, che se fussi maschio: perchè prima ne comincerai a trarre frutto che del maschio, cioè ne farai prima um bello parentado .... Oggi si battezza. Iddio la facci buona quanto è bella e ancora più.
[p. 597]
La cosa andò a finire, che della Marietta non se ne fece poi altro: e troviamo
Lorenzo che, in presenza di Tommaso Soderini e di Lorenzo di Piero Medici, impalma nel
giugno 1470, nella chiesa di San Lorenzo, l'Antonia di Francesco Baroncelli, da cui ebbe
1400 fiorini di dote. Fu matrimonio fatto a mediazione di Ferdinando d'Aragona. A'31 di
luglio scrive Marco Parenti (ch'era potestà in Colle) a Filippo Strozzi, d'avere inteso che
Lorenzo era in ordine a partire sulla galea del Re: e Donato di Giovanni Bonsi, ch'era nel
banco degli zii Strozzi in Napoli, scrive a 16 ottobre a Filippo, che Lorenzo era arrivato a
salvamento con la donna; la quale dice che è piaciuta a tutta la brigata, « chè è molto
piacievole, ed è assai comparisciente, ma è uno poco piccola ».
[p. 598] Una sola lettera ho trovata di questa sposa al marito, e qui si pubblica. = Al nome di Dio. A dì XXVIIII di luglio 1409. Carissimo e dilettissimo maggior mio. L'utima ch'io vi scrissi fu a dì sei di questo: ho poi da voi duo vostre, delle quale vi farò risposta. La cagione perch'io non v'ho iscritto da sei dì in qua si è perch'io andai alle nozze d'Agniolo di messer Palla, che ne mandò la sua figliuola a marito; e avendomi invitata, monna Allesandra mi lasciò ch'io v'andassi; e anda'vi a dì dua e a dì quattro: e a dì dua v'andai a desinare e tornai a cena, e a dì quattro andai a cena e tornai a ore tre di notte, come l'altre, e bene accompagnata. E a dì cinque mi prese la febre, e mandai a dì sei pel maestro, e disse ch'ero riscaldata e raffreddata, in modo ch'i' ho avuto la febre infino a duo dì fa. Bene è vero ch'io non ho avuto molte gran febre, ma poco sono istata sanz' esse. Pure io mi sono un poco purgata, in modo che, s'io non ho altro, sarò guarita: pure, per amore di questi caldi, non avendo avuto gran male, mi pare riavere adagio: che mi sentivo tanto bene prima, che m'è paruto ispiacevole questo male. E non ve lo iscrissi a dì sei, perchè voi non avessi a pensare d'un'altra innanzi al tempo: ch'io so che voi avete tante dell'altre fantasie pel capo, che questa v'arebbe accupato la mente.
La Ginevra fece giovedì, a ore diciannove, un bello fanciul maschio, e hallo fatto in villa; e
sta bene. E perchè A volere ch'io fussi guarita, vi converrebbe iscrivere quando sarà la tornata vostra, e fare che non fussino bugie come l'altre volte. La Lucrezia e Alfonso istan bene. La Lucrezia somiglia tutta Niccolò degli Strozzi negli occhi, ed è una brutia maritata, [Note C-1] che pareva la più bella cosa quando io l'ebbi fatta: non so se la si ritornerà. Io vi voglio avvisare che quando Alfonso si spopperà, converrebbe avere una ischiavetta che lo guardassi tuttavia, o veramente uno di questi mori, che tuttavia andassi in sua compagnia; ch'è tanto pericoloso, ch'è un gran fatto: e dicovelo per avvisarvene, che non possiate mai dire, lo no lo sapevo! Ch'è ancora più frugolo che non era Matteo di mona Allesandra, da giovane. Noi siàno tutti sani, e così disideriano di sentire di voi. Se voi volete ch'io faccia più una cosa che un'altra, avvisatemene, e io lo farò di buona voglia. Raccomandatemi a Piero, e ditegli che la donna di Lorenzo è tanto infiammata de' fatti sua, che chi volessi, farebbe le nozze a suo' posta sanza troppo pregare. Non più per ora. Cristo di mal vi guardi. Vostra Fiammetta di mona Allesandra, in Firenze, vi si raccomanda. =
L'Alessandra era fino dal di primo al Bagno ad Acqua I Medici preparavano le sfolgorate nozze per la Clarice Orsini con Lorenzo di Piero. Dell'invito fatto dalla. Tornabuoni alla Strozzi, così scriveva Lorenzo a Filippo da Firenze, il 6 maggio 69; = Arai auto l'avviso della bambina avesti, e i compari la battezzorono. Sta bene, e così la madre. Attendo che avrai deliberato del mandarla alle nozze. Lei non vi vorrebbe andare per nulla, e madonna Lucrezia si tiene per detto vi vada. E così dico a chi me ne parla, che la v'andrà. Ma la donna vuole più tosto fare l'ammalato. Pure termina tu. Tu sai che pena ci è a non ubidire, e quello a te si richiede terminando ci vada. Metti mano a 400 fiorini almeno, e non indugiare, chè 'l tempo s'avvia. =
Questa cifra dice a che cosa era venuto il lusso de' conviti! « La Signoria passata »
(scriveva Marco Parenti a Filippo Strozzi, il 4 di maggio del 73) « ha fatto molti statuti
circa la modestia de' mortori e de' conviti. Sono cose lunghe. E anche sopra il giuoco
nuove proibizioni, e massime che i giovani insino in 24 anni non possino giucare a niuno
giuoco di carte o dadi: gli altri, a niuno giuoco vietato di carte o dadi, come sono
condannata, [Note D-1] zara e simili. Non si può passare a tavole NOTES C-1. Intendo, ha viso di donna fatta, che in pargoletta è bruttezza; anzi da uomo, se somigliava Niccolò! D-1. Questa lettera è uscita fuori un po' tardi dalla polvere degli Archivi in servigio della quinta impressione del Vocabolario della Crusca; dove la parola Condannata, in un esempio del Casa, Rim. burl. 1, 21, ravvolta nel contesto delle altre non ha avuto, nè dagli annotatori di quel Capitolo nè dall'Accademia, la retta interpetrazione (ved. Condannato, § III). Il presente esempio del Parenti prova fuor d'ogni dubbio che condannata significava un giuoco di carte, il quale non dovè essere diverso da quello che i Francesi pur chiamarono Condemnade e Condamnade, che facevasi in tre; de' quali colui che non alzava nè faceva carte ne no minava una, e guadagnava la posta quello a cui nella distribuzione delle carte toccava la carta nominata o designata e, in certo. modo, condannata. Ora gli Accademici, accorti dell'errore e lealmente confessandolo, potranno toglier via il § III di Condannato e fare un nuovo tema per « Condannata. Sost. femm. ». Ed ivi, con l'esempio del Casa, potranno riferire anche questo del Parenti; se le Lettere della mia Alessandra e quelle inserite nelle Annotazioni saranno annoverate fra i libri che fanno testo di lingua.
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