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Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo xv ai figliuoli esuli Frontmatter and Commentary Edited by Cesare Guasti Firenze: G. C. Sansoni, 1877 LETTERA PRIMA: ANNOTAZIONI |
ANNOTAZIONE A
[p. 10]
Giovanni, avo di Marco, era stato più volte de' Signori dal 1351 al 1376: e anche Parente, suo padre, fu Priore pe' mesi di novembre e dicembre del 1450.
Sul Monte delle doti depositavano i genitori una somma per le figliuole, la quale dopo alcuni
anni, maritandosi la fanciulla, si guadagnava aumentata; e se la fanciulla moriva prima d'andare a
marito, il padre lucrava la metà della dote che le sarebbe toccata. La Caterina, dunque, poteva
riscuotere la sua dote nel 48 e nel 50; l'Alessandra non faceva che anticipargliela, ma col rischio di
perdere, se la giovine fosse morta prima.
Parente, figliuolo di Giovanni (e non già di Piero,come scrive la nostra Alessandra), mori di settantaquattro anni a' 31 di gennaio del 1451 st f.; e la Tommasa, sua donna, morì a' 19 d'ottobre 1456, d'anni circa cinquantasette. (Libro di Marco, a c. 29 e 42.) Fece essa testamento a' 28 di novembre del 54, lasciando la sua dote di fiorini secento al figliuolo, con questo patto, che fiorini cento gli dovesse dare « per l' amore di Dio ». E in caso che Marco mancasse senza figliuoli, allora lasciò
Marco diede al futuro Cognato la nuova del suo m trimonio con questa lettera:
Dilettissimo quanto fratello. Credo arai inteso pe' tuoi di qui come è piaciuto a Dio volere che la Caterina tua sirocchia sia mia donna. La qual cosa a Dio piaccia, e così disidero, che sia prima a suo onore, e salute dell'una e l'altra parte di noi. Il perchè a me è paruto mio debito, si come cogli altri vostri parenti ho fatto qui, così con voi dove al presente vi trovate con questa, lettera per simil modo impalmare e riconoscere il parentado, per insino a tanto che, quando che sia, accadrà che di presenza ci conosceremo ; che n'ho tal voglia, che maggiore nella potrei avere. Accadrebbemi assai che scrivere, se volessi dire quanto sommamente mi piace da ogni parte tutto vostro parentado, considerato chi e quali uomini e' sieno, e di te e tuo fratello quanto se n'aspetti e speri. Della fanciulla, benchè io conosca che quanto più ne dicessi sarebbe meno che '1 vero, nondimeno nulla n'ardisco a dire; perchè oggimai mi si potrebbe imputare me ne ingannasse amore; tanto credo, con ogni scarico di me, potere dire che più non me ne potrei contentare. Ho solo un dispiacere in questo fatto,
E con il ricordo del matrimonio apriva Marco il suo che Porta questo titolo:
Al.nome di Dio e della sua Madre Vergine santa Maria e di messer santo Michele Angelo e Arcangelo e di messer santo Giovanni Batista e del Vangelista e Piero e san Pagolo e san Marco e di madonna santa Maria Magdalena e santa Caterina e di tutti Apostoli et Evangelisti e Santi e. Sante di Dio e al loro onore sia il principio e mezzo e fine di questo Libro, Di fronte a questo lieto ricordo, il buon Marco, dopo trentaquattro anni, mestamente scriveva:
nbsp; = A dì XVII di maggio, a ore 9, 1481, passò di questa vita, a me giocundissima e felicissima.[Note E-1, p. 15] Iddio abbi avuto l'anima, come certamente credo per la sua umanità con degnità di vita, e costumi ornatissimi et onestissimi. Era d'età d'anni 50 a punto. Fecila soppellire nella nostra sepultura di Santa Maria del Fiore onoratamente quanto si potè secondo la legge. Et vesti' di panni monachini, braccia 12 per una, quattro persone: la Gostanza e la Marietta nostre figliuole, la Selvaggia donna di Filippo suo fratello, e la Allessandra vedova sua unica sirocchia. =
Su molte pagine dei Libro di ricordi scrisse Marco i doni fatti alla sua Caterina, che qui madonna Alessandra accenna brevemente. A carte 2, dopo avere registrati gli acconti della dote, seguita a scrivere il corredo: = Anne dato a dì XII di gennaio per queste donora che appresso diremo:
Una cioppa a gozzi di domaschino bianco orlata di martore Tutte le sopraddette cose furono stimate, detto dì, per Nofri di Bartolomeo del Grigia, fiorini cento sessanta cinque. Donora non istimate. Uno fazzoletto ricamato. Due pettini d'avorio. Nove matasse di refe. Ventiquattro cuffie. Più nastri. Tre paia di calze rosse. Quattro paneruzzole. Due paia di scarpette. Uno paio di forbice. Due collaretti di panno lino. =
[p. 17]
= Una giornea di zetani vellutato di chermisi, della donna. De' dare, a' dì VIIII d'agosto, per braccia XXIIII ½ di detto drappo v'andò entro, per fiorini III ½ el braccio, fiorini ottantacinque soldi XV a oro; levai da Marco Parenti e compagni in peza di braccia 42 ½ F. LXXXV 1. III S. III d. III p. [Note F-1, p. 17] E de' dare, a' dì detto, per braccia 30 di valescio rosso pel soppanno, per soldi VII el braccio; monta lire dieci soldi X p., levai da Giovanni del Verzino. F. - 1. X S. X d. -. E de' dare, a' dì XVI d'agosto, per braccia XIII di guarnello per soppanno, per soldi VII denari vi p. el braccio; monta lire quattro soldi XVII denari vi, levai da Giovanni del Verzino. F. - 1. IIII S. XVII d. VI. E a' dì XXXI detto, per 32 maglie pesorono denari VIII per dinanzi, tolsi da Deo orafo. F. - 1. I S. VIIII d. IIII. E de' dare, insino a' dì XXVI detto, per braccia 1 ¼ di zetani vellutato di chermisi mancò per guazzeroni, levai da Zanobi di ser Martino, per fiorini III ½ el braccio; monta fiorini quattro soldi VII denari vi a oro. F. IIII 1. I S. XI d. VIIII.
[p. 18] E de' dare, per fattura di detta giornea, lire sette, fe' Andrea di Giovanni sarto. F. - 1. VII S. - d. -. =
= Una cotta di zetani vellutato di chermisi, per la donna. De' dare, a' dì VIIII d'agosto, per braccia XVIII di detto drappo v'andò entro, per fiorini III ½ el braccio, fiorini sessantatre; levai da Marco Parenti e Compagni in pezza di braccia 42 ½ F. LXIII. E de' dare, a' di detto, per braccia XX di valescio rosso,. per soldi 7 el braccio, monta lire sette; tolsi da Giovanni del Verzino, per soppannare detta cotta. F. - 1. VII. E de' dare, a' di XXI d'agosto, per once X di bambagia; tolsi da Giovanni del Verzino. F. - 1. - S. VIIII d. II. E de' dare, a' dì detto, per 120 maglie tonde dorate, per dinanzi, once II denari III, e per 100 maglie piccole per le maniche, once i; in tutto once III denari III; per soldi XXX a fiorino l'oncia; montano fiorini III soldi vi denari VIIII a fiorino. E più, per vi punte pe' nastri, soldi vi a fiorino; tolsi da Deo di Domenico o compagni orafi. F. III i. I S. XVII d. V.
E de' dare, a' dì XVI d'agosto, per denari XVIII di perle per ricamare da
mano e manichini; comperai da E de' dare, a' dì XI di settembre, per lattizi XXVI andorono nel filetto da piè, per fiorini vi ¾ el cento; montano fiorini uno soldi XV a oro. Compera'gli da Francesco vaiaio. F. I l. III S. III d. VIIII. E de' dare, pagai a Bonifazio ricamatore, per ricamatura di fregi di perle a' manichini. F. - 1. II S. - d. -. E per frangia verde e d'oro per da piè e nastri e cordelline di seta, tolsi da Bernardo di Betto. F. II 1. II S. II d. VI. E per fattura, pagai a Andrea sarto F. - I. VII S. X d. -.=
= Una grillanda di code di pagone fornita d'ariento e di perle. De' dare, a' dì VIIII d'agosto, per 500 occhi di code di pagone, scelti, per lire IIII soldi VIII el cento; monta lire ventidue; i quali comperai da Lorenzo di Nutozo Nasi. F. – 1. XXII S. - d . -. E de' dare, a dì detto, per 300 occhi di code di pagone di sorta, per grani X ½ el centinaio; montano lire nove soldi XII denari vi p.; i quali comperai da Lorenzo di Nutozo detto. F. - I. VIIII S. XII d. VI. E de' dare, a' di XI d'agosto, per once III denari XVI di tremolanti dorati, e once II denari 22 ½ di fiori smaltati, rossi e azzurri, per fiorini I ⅓ l'oncia; montano fiorini otto soldi XXV denari III a forino; i quali tolsi da Deo di Domenico e compagni orafi. F. VIII 1. IIII S. XIIII d. -.
E de' dare, a' dì XVI d'agosto, per once II denari III ½ di foglia dorata alla
Veneziana, a ragione di fiorini XV E de' dare, a' dì XVIIII d'agosto, per once vi di perle, per fiorini XII a oro l'oncia; montano fiorini ventuno soldi XII a oro; le quali comperai da Giovanni Petrini. F. XXI 1. II S. XI d. -. E de' dare, a' dì XXVI d'agosto, per once – denari XVIII ½, di tremolanti e fiori smaltati, per fiorini I &frac13 l'oncia; montano fiorini otto soldi XXV denari III a fiorino; i quali tolsi da Deo di Domenico e compagni orafi. F. VIII 1. IIII s. VIII d. -. E de' dare, a' dì XXXI d'agosto, fiorini sette larghi pagai a Niccolò di Bastiano; fiorini 5 larghi per sua manifattura, e fiorini 2 larghi [Note F-1, p. 20] per ispese d'orpello e ottone e altro, fe' detto Niccolò in detta grillanda. F. VII 1. III S. III d. -. E de' dare a' dì XVI di settembre, per XI rose, fatte di penne di pagone, fe' Niccolò di Bastiano di suo in detta grillanda, che vi mancavano; per tutto, d'accordo co' lui, F. - l. III S. VIII d. -. =
Vorremmo allargarci in recare altre partite, ma lo spazio non ce lo consente.
Noteremo: « una cintola di chermisi mischiata d'oro e fornita d'ariento dorato e
traforato»: « un paio di trecce di perle da portare in capo », dove
cinque once di perle costarono fior. 31: « uno fermaglio d'oro entrovi due zafiri e
tre perle da portare in ispalla », che costò fior. 27 lire 2 sol. 15; e fiorini 4
valse una perla di carati cinque, che fu messa Pensò Marco anche a' forzieri per la camera nuziale; e, come allora usava, non dimenticò di fornirla di una immagine della Vergine Maria. Queste sono le partite levate dal suo Libro: A carte 8. = MCCCCXLVII. Maestro Domenico di Bartolomeo da Vinegia dipintore [Note F-1, p. 21] de' dare a dì XI di settembre lire trenta pic., per lui a Giovanni d'Andrea de Albola legnaiuolo, i quali furono per uno paio di forzieri di legname comperò da lui, i quali m'ha a dipignere; e debbogliene dare in tutto quando saranno compiuti, daccordo co' lui, fiorini cinquanta. Vagliono lire trenta, a soldi 84 el fiorino fior. VII lire - soldi XII den. - pic. (Seguono diverse partite di pagamento.) Anne dato, a dì XIII di gennaio, per uno paio di forzieri dipinti e adorni d'oro, e con forzerini e cassette dorate e dipinte, e uno specchio come è di costume, fiorini cinquanta; i quali forzieri, perchè non sono bene finiti, passati questi di delle nozze, me gli debbe finire a perfezione.
[p. 22] A carte 11. = MCCCCXLVII. Stefano di Francesco dipintore [Note F-1, p. 22] de' dare a di VIII di gennaio fior. uno sol. II den. IIII a oro, portò e' detto in fior. uno largo, il quale gli do per una Vergine Maria di rilievo e dipinta, m'ha a fare per pregio di fior. 5 ½. = (Seguono altri due pagamenti, de' 12 e 22 dello stesso mese.) A carte 27. = MCCCCLI. Uno tabernacolo di legname all'antica per una Vergine Maria, per la camera mia, alto brac. 3 ½ de' dare a di XIIII di luglio per detto tabernacolo lire sedici sol. X, pagai a Giuliano da Maiano legnaiuolo per fattura del legname. = (Seguono quattro pagamenti, in tutto lire 41, sol. 4, per mettitura d'oro, azzurro e dipintura, a Giovanni vocato Scheggia dipintore. [Note F-2, p. 22]) Questo terzo figliuolo era nato postumo (ed ebbe per ciò il nome del padre), il giorno primo di marzo del 1436.
[p. 23] = Al nome di Dio. A di 29 di marzo 1448. Questo dì, sotto lettere di Variai degli Strozzi, ebbi una tua lettera fatta a di 16 di questo, alla quale farò risposta. Io sono avvisato della tornata tua da Panni, che l'ho auto caro che tu sia tornato presto; che mona Lessandra avea paura che tue non vi istessi troppo; che gli è detto che v'è cattiva aria. Sì che hai fatto bene a tornare presto. Ed è istato detto a mona Lessandra che tu non estai troppo bene della persona. Priegoti che tu ti sappi guardare, a ciò che tu istia sano: che Iddio te ne dia la grazia.
Avvisoti come la Caterina n'andò a marito insino a dì 14 di
gennaio; e non facemo noze, perchè non c'era il modo: ancora perchè non
si richiedeva allo istato nostro. E il simile fece Marco, che non fece troppa ispesa. [Note H-1, p. 23]
Eglino istanno bene, colla grazia di Dio. E della La cagione ch'io non t'ho iscritto buon pezzo fa, si è istato in prima la Caterina n'andò a marito; che ci fu che fare assai: e poi mi ruppi il capo; che istetti uno mese ammalato: e dipoi sentendo che tu eri ito a Palermo, aspettavo ogni ora tua lettera: non sapevo dove me l'avessi a mandare; che stavàno tutti maravigliati che da te non ci veniva lettere. Ma ora che tu se' tornato costi, ti scriverrò ispesso. E in questi dì mi porrò con uno maestro che insegna iscrivere, che insino a ora sono istato a scrivere in casa, e veggo che non piglio buona forma di lettera: e però vole mona Lessandra ch'io vadia a uno maestro, che mi insegnerà in dua mesi: che Iddio ci presti della sua grazia. Noi istiamo maravigliati di Lorenzo, che no ci ha iscritto parecchi mesi fa. Fara' bene, quando gli scrivi, a rammentaglielo ci scriva ispesso. Nè altro per questa. Cristo di male ti guardi. Raccomandaci a Niccolò. Per lo tuo Matteo degli Strozzi, in Firenze.= Filippo Maria Visconti duca di Milano era morto il 13 d'agosto; e pe' Fiorentini fu gran ventura.
[p. 25]
Niccolò Strozzi nasceva da Lionardo fratello di Simone, e quindi veniva
ad essere cugino di Matteo marito già di madonna Alessandra. Questo
Niccolò non prese moglie, e co' fratelli Iacopo e Filippo attendendo alla
mercatura, aveva fatto assai fortuna. Agli orfani ed esuli figliuoli di Matteo pose amore, e
li volle tener seco nei banchi. Scrivendo Filippo alla madre da Valenza il 14 d'agosto
1446, dice come Niccolò, che l'aveva allevato da piccolino, vuole eziandio
allevarlo da grande, « a ciò che il bene o male avessi mai, non lo possi
riputare se non da lui. E in verità, e' mi mostra avere buona volontà, e io
me ne contento molto, però che sempre gli ho portato e porterò buono
amore, in modo che di me sempre e' si loderà ». Seguita a raccontare come
Niccolò ha fatto col fratello Filippo una « ragione a Napoli » da
cominciare il 25 marzo del 47. E a Napoli par che anderà Niccolò in
persona, restando a Valenza il fratello Filippo; ed egli Filippo vi rimarrà come
« secondo », cioè con un maestro; e vi starà pure Lorenzo
suo minor fratello. Ma più crede, e spera, che lo vorrà menar seco a
Napoli. « E poi ho caro di stare più tosto a Napoli che qui; però
che sarò presso a costi, e sarò in più bella terra che questa; ed
è terra di signori: e poi vi sono molti fiorentini, che mi parrà esser
costì. E però E l'altro figliuolo Lorenzo, appena giunto a Valenza a' 28 d'aprile dello stesso anno 1446, aveva scritto alla madre, ragguagliandola del viaggio duro, del soggiorno piacevole, de' costumi diversi, delle sofferenze presenti e delle speranze lontane. La sua lettera merita d'essere qui riferita per intero; ch'è pittura viva di uomini, di tempi, di cose. =Al nome di Dio. A dì 28 d'aprile 1446. Carissima quanto maggiore Madre. A' dì passati v'ho scritto più lettere, delle quali non ho auto risposta. Fate abbia risposta d'una sola, a ciò ched io sappia come voi state tutti quanti: che Iddio vi mantenga sani e salvi.
Avvisovi come io sono stato in assai terre; ma non sono sì belle come
Firenze. Ma io vorrei stare più tosto a Barzalona che costà. Ene una bella
terra; e tutte le case che vi sono, ogni casa sì ha il terrazzo, e molto
Avvisovi come io montai in galea per andarcene, e mi fece uno gran male el mare:
istetti tre dì sanza mangiare Avvisovi che se voi vedessi come costoro vanno vestiti, a punto come quelli che stanno dipinti in su li panni d'arazzi; ma non hanno quello mazzocchio: chè vecchia che sia, porta una rete di seta in capo, e suvi uno velo iscempio: nollo portano il velo come voi lo sciugatoio; lo tengono disteso: pare che abbiano l'ale al capo; ch'ène una gentile cosa. E no portano le cioppe di seta: tutte le cioppe sono di panno, co' gozzi a trombe, e una coda lunga cinque braccia o più, e le gente di casa loro pigliano la coda e sì la tengono in mano. E no vedesti mai le più belle donne incelicate, mai: no credo tanto vivere vegga mai le più belle. Quando io ve lo dico, credetemi. E avvisovi che io sì porto le scarpette colle cordelline dalle latora, colle punte lunghe tre dita, e vene sanza peduli delle calze: istanno molto gentile. Iddio lodato.
[p. 30] E avvisovi come io fone le spese di casa, e bolle fatte giù quindici dì: logorasi dimolti danari, e bolle fatte bene. Ed io sone mezzo parlare catelano, tanto che m'intendono ciò che i' dico; e così io loro: grazia di Dio. E dicovi come per Niccolò non compero se none capponi; uno paio; uno per la mattina. Egli si ene tanto grasso che no si può muovere; ed liane auto uno poco male. Colla grazia di Dio è guarito. Ed io sto bene e sano, colla grazia di Dio. E ancora vi dico come io ho cavalcato dugento miglia da Barzalona a qui: no me n'è rincresciuto nessuna cosa. E avvisovi come noi andiàno la sera a letto a oro di notte, e levianci alle 7 ore; che sono ore di qui: no dormiàno più che ore tre o poco più. Siavi avviso. E sovi a dire no mi rincresce a scrivere: sto tutto di nello scrittoio, e copio il di dodici lettere: iscrivo tanto presto, che ve ne maraviglieresti, più che veruno che ve ne sia in casa: conviene fare a questo modo. Iddio sì ci mantenga. Salutate mona Ginevera da mia parte e tutte l'altre vicine; e avvisatemi quando la Caterina si marita; che Iddio gli dia grazia abbia buono marito. Iddio lodato. La fascia non è sì co' gozzi: la roba è dell'Asia, ma saia: si farà per lei. Mandatemi una di quelle abci cifera, c'ho perduta quella altra. Iddio lodato. Non so che altro mi dire per questa. Cristo vi guardi di male. Per lo vostro figliuolo Lorenzo di Matteo, in Valenza. =
[p. 31] Antonio Strozzi, del quale parlano spesso le seguenti lettere.
E-1, p. 14. Si conserva nell'Archivio di Stato; Carte Strozziane. Fu seguitato poi a scrivere da Piero suo figliuolo, che a carte 85, sotto dì 7 di giugno 1497, vi fece ricordo della morte di Marco. E a' 5 maggio del 1519, Marco di Piero vi scrisse a carte 127 la morte del padre suo. Tutti poi accolse la sepoltura gentilizia in Santa Maria del Fiore. E-2, p. 14. La prima cosa, giuravano la sposa, ch' era un obbligar la fede (francese, fIancer, dall'antico fiance), e si faceva la scritta; poi le davano l'anello, ch' era il vero matrimonio in faccia alla, Chiesa; e poi la menavano a casa dello sposo, dove si facevanole le nozze. E-1, p. 15. Voleva dire, vivendo con lei. F-1, p. 16. Oggi, libro da chiesa, e perchè vi era l'Ufficio della Vergine Maria, si diceva di Donna o di Nostra Donna. È da credere che fosse in pergamena, ed avesse le sue belle miniatore. F-1, p. 17. Cioè piccioli; e così sempre è sottinteso, dove le lire e le frazioni di lira sono ragguagliate a soldi e denari di forino. Qui vediamo, che nel 1447 quindici soldi di forino, o a oro, equivalevano a soldi 63 e denari 3 di lira, o piccioli. F-1, p. 18. Pe' Vocabolari Lattizio è Pelle d'animale che poppa. Fors'erano pelli di coniglio, bianche come latte. F-1, p. 20. Questi fiorini, che si dissero larghi perchè veramente si allargarono di forma, furono nel 1442 valutati per legge un dieci per cento più de' vecchi. F-1, p. 21. Questi lavori di Domenico Veneziano sono ricordati a pag. 194 degli Scritti vari sulla storia dell'Arte toscana di Gaetano Milanesi. Siena, 1873. F-1, p. 22. Stefano di Francesco Magnolini, nato nel 1422 e morto a' 30 di giugno 1504, fu sepolto nello Spedale di Santa Maria Nuova. Non si conoscono opere del suo pennello. F-2, p. 22. Fratello di Masaccio, nacque nel 1407. Di lui, ch'era figlio di ser Giovanni, vennero i Guidi o Monguidi della Scheggia, nobili fiorentini. Il Baldinucci dà l'albero di questa famiglia. H-1, p. 23. A carte 12 dei suo Libro registrò Marco le spese fatte nel desinare di nozze, che andettero a 372 lire, diciotto soldi e un danaro; più lire 94, 4, 1 allo speziale Al Cappello, che somministrò treggea, torte di marzapane, pinocchiati e morselletti dorati, zafferano pesto, gengevo belidi pesto, savore bianco, savore sanguigno, pepe pesto, spezie fini, torchietti e altre cose. Vi furono trombetti e pifferi, sonatore del zufolo e sonatore dell'arpa, che ebbe sei lire e sei soldi. M-2, p. 29. Ramondo Mannelli, credo; il quale era stato tanto amico di Matteo Strozzi, ed ebbe in moglie una cugina di lui. Egli è noto per la parte principale che ebbe alla vittoria di Rapallo, riportata nell'agosto del 1431 sopra i Genovesi e il Visconti dall'armata dei Veneziani alleati co' Fiorentini.
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