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Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo xv ai figliuoli esuli Frontmatter and Commentary Edited by Cesare Guasti Firenze: G. C. Sansoni, 1877 LETTERA DICIANNOVESIMA: ANNOTAZIONI |
ANNOTAZIONE A
[p. 210] =Alquanto è di mala voglia mona Lesandra, non però stia a giacere. Ma questi dispiaceri ha avuto, l'hanno alquanto contaminata. Curasi, e per la grazia di Dio starà bene. = Della morte di Francesco Strozzi avrà certo parlato l'Alessandra nelle lettere che sono perdute; essendo egli mancato nel marzo del 1459 (a' 15 fu riposto in Santa Maria Novella) e 1460 secondo lo stile comune. Era nato di Piero di Filippo di messer Lionardo, nel 1415; ed ebbe per moglie la Maria di Giuliano Vespucci: ma di figliuoli non si ha memoria. Molti fratelli ebbe, e sorelle; una delle quali, Maria, sposò Ramondo Mannelli: un'altra è la Checca, di cui spesso parla l'Alessandra, che la prese con sè, dopo che Giovanni di Gualtieri de' Portinari, marito suo fino dal 1432, fu morto.
[p. 211] Questa è la lettera che Filippo scrisse a Lorenzo il 18 d'ottobre del 59. = Lorenzo mio, io non posso ancora dimenticare la perdita nostra, tanto mi pare sia suta smisurata; e vedi quanto la maladetta fortuna ci perseguita, e di che natura sono le sua variazioni: e a me in ispezialità mi pare avere fatto una gran perdita, considerato l'openione facevo della virtù sua e '1 frutto speravo trarne. A. tutto bisogna avere pazienza, da che rimedio non ci è, e attendere a conservare noi in sanità, lo più possiamo. Io ci ho buona cura, e n'ho fatto sperienza, avendo auto tanti travagli e tanti disagi da uno anno in qua, essendo pure di debole compressione. Iddio sia di tutto ringraziato. Conforto a seguire te questo medesimo stile; e con lettere e con fatti si vuole diàno più contentamento possiamo a nostra madre. Io me ne sforzo, e così ricordo a te che debbi fare....
Intorno a' beni di quella benedetta anima, attendo a raunarli in contanti quanto
posso; e quelli ci sono, non fo loro perdere tempo in quello
nome, [Note C-1, p. 211] per infino a tanto
che tale conto si possi saldare: e questo non fia così Monna Allesandra mi pare che s'accordi con l'openione mio, [Note C-1, p. 212] che tu ti spicchi di costa; perchè, sendo a sì poco numero, stiàno molto male si di lungi, per molti casi potrebbono accadere: e non siamo in tale bisogno, che la nicistà ce l'abbia a fare fare. Credo che lei a te e a Iacopo ne scriverrà. Avendolo fatto, ti conforto a metterlo a effetto. E ancora ti paressi duro lo spiccarti di costa, conoscendovi dentro la nicistà, sono certo lo farai sanza che molto te n'abbiamo a strignere: e credo Iacopo fia contento, sendo per simile cagione. E la partita tua di costà a mio parere vorrebbe essere a l'aprile, e venirne per terra qui. E in questo mezzo puoi stralciare e fatti di Iacopo, il più puoi: e facendo oggi- poco, si potrà passare sanza te; e non potendo, si può prevedere. E quando per suo acconcio ti bisognassi stare qualche mese più, lo farei perchè a ogni modo si tenessi bene contento di te: e farei d'essere a mezzo agosto a Vignone; e di quivi passeresti di qua con le galee viniziane d'Acquamorta che, circa a quello tempo, si spacciono di là.
E fo pensiero che una volta caviamo monna Lesandra di la, e che per una pruova
si venga a stare con noi Niccolò è in tutto guarito, e per tutto questo dice ne vuole ritornare a Roma. Non m'ha mosso per ancora dubbio nessuno di quello ho amministrato. In quello posso, lo compiaccio e compiacerò.... Vorrei che, avanti ti partissi, mi fornissi uno paio di spalliere con l'arme nostra, di spesa di 20 in 25 d'oro; [Note C-1, p. 213] e uno panno da letto di braccia 16 in 18 di Firenze, di circa alla medesima spesa, per mio uso: chè poi abbiàno a vivere di fuori, mi bisogna fare pensiero di stare meglio in ordine che prima, perchè avevo la scusa di dire che riserbavo di fare a Firenze. E della qualità loro la rimetto in te; più tosto pendi nel bello che l'opposito. E così, sei candellieri di qualche bella foggia; e di cinquanta libbre di stagno, come s'è dodici scodelle, dodici scodellini e dodici piattelletti, e qualche piattello da 'nsalata, che sieno con l'orlo largo e bene lavorati. E di tutto potrai fare uno fardello, e mandare per queste galee di Fiandra che ora vengono. Ristoro, padrone d'una d'esse, è molto mio dimestico e stretto amico. Òfferitigli per mia parte, e potendolo servire in nulla, fàllo, ch'è giovane da bene....
[p. 214] Sono a dì 21, e di nuovo non t'ho a dire. L'armata di Genova e a Ponza isola davanti a Gaeta: diciotto galee e quattro fuste; e per ancora non ha fatto cosa da stima: solo ha predato alcune barche. Perde ogni dì riputazione; e se ha a stare molto in questi mari, potrebbe uno di ricevere vergogna. Qui abbiàno Monsignor Villamarino con 9 galee armate, e 4 ne sono in Calavria. Portoronvi artiglierie da combattere; e di Catalogna se ne aspetta 7. Se queste venissino, quest'armata sarebbe tanto potente come la loro. Saprai che seguirà; chè in questa vernata si vedrà se questo regno ha posare o no .... La spesa che ho fatta ne l'aseguio [Note C-2, p. 215] di Matteo monta presso a 100 fiorini con quello panno hanno auto a Firenze le nostre sirocchie, non vi mettendo niente de' mia vestimenti. = Filippo se n'era consigliato co' parenti che tenevano banco a Venezia; e questa è una delle loro risposte. = A dì 20 d'ottobre 1459.
Fratel karissimo.... Avevi diliberato ridurre Lorenzo appresso di te; e stavi anco
dubbio se 'l dovevi porre a Barzalona o Valenza o Palermo a governo, o Ne parla distesamente Vespasiano nel suo Commentario citato a pag. 138; ma la circostanza del male è qui meglio espressa. NOTES C-1, p. 211. Intendi, gli fo fruttare, e sempre in conto di Matteo. C-1, p. 212. Non accade notare, trovandosi ne' vocabolari, l'uso che si fece d'opinione in genere mascolino, dal trecento al cinquecento; ma in scrittori che usavano la lingua del popolo, come il Cellini e Michelangelo nelle Lettere. La ragione? Forse, pronunziandosi lopenione, l'orecchio accolse il suono dell'articolo mascolino; e il volgo avrà scritto lo penione. E forse, non avendo l'uscita in a si considerava di genere mascolino. Così anc'oggi, dice mana il popolo, considerando improprio del femminino il finire in o. C-1, p. 213. Sottintese, od omesse, fiorini. C-1, p. 214. Cioè, il baco, il marcio; e, fuor di metafora, la tristizia, la cattiveria. E veramente i Baroni del Regno (de' quali erano principali Giovanni Antonio Orsino Principe di Taranto e Antonio Santiglia Marchese di Cotrone) stavano contro a Ferdinando d'Aragona, favorendo Giovanni duca d'Angiò, che allora governava Genova per Carlo VII di Francia. Questa guerra fu descritta dal Pontano. C-2, p. 214. Così ha il manoscritto: forse, i Signori. C-3, p. 214. Per la ragione che dice dopo, era spacciato, con il contante in cassa, da non correr pericolo nei traffici. C-1, p. 215. Cioè, in guadagno, in condizione da potersi tirare avanti bene, anche senza far mercatanzia. C-2, p. 215. Esequie si scrisse in vari modi, secondo la parlatura corrotta. C-1, p. 216. Intendi, o a governo d'altri, cioè compagno di ragione ossia traffico; ovvero in suo nome, cioè con banco o traffico la cui ragione dicesse in Lorenzo proprio.
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