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Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo xv ai figliuoli esuli Frontmatter and Commentary Edited by Cesare Guasti Firenze: G. C. Sansoni, 1877 LETTERA CINQUANTUNESIMA: ANNOTAZIONI |
ANNOTAZIONE A
[p. 461] = Io ho avuto da te più lettere, et invero conosco averti male trattato a risposte: che n'è stato cagione la venuta qui di madonna Duchessa di Calavria et di don Federigo; dipoi le doglie mie alquanto più che l'usato m'hanno dato noia. Pur, grazia di Dio, al presente sto bene; et è mio pensiero per l'avvenire di ristorarti et dello scriverti et d'altro, secondo che si richiede all'amicizia et benivolenzia nostra: circa la quale ti fo questa ultima conclusione, che io sono servitore della Maestà del Re, et tuo amico.
Dopo la presura del Conte Iacopo et la rottura della coscia, questo dì siamo avisati della
morte sua: il quale Dio abbi ricevuto a grazia. Questo caso m'è doluto solo per la molestia
che n'ha preso lo illustrissimo Duca di Milano; chè altra cagione publica o privata non ci
conosco da dolersi; et sono certissimo la Maestà del Re, come sapientissima, ha
riguardato el fine che può succedere, e che ciò che suo' Maestà ha fatto et per la conserva
della pace et per bene suo et del Duca di Milano et delli altri loro amici, et nonstante le
dimostrazioni fatte, Ed ecco quello ne scriveva Dietisalvi di Nerone, a' 5 di luglio: = Di costà ci avete mandate nuove, che per tutta Italia se ne parla. Debbasi credere che la Maestà del Re ha fatto tutto iustificato: et io sono di quegli me ne rendo certissimo. Et tutto si vuole reputare sia non solamente a pace e quiete di cotesto Regno, ma di tutta Italia. Di Francia non ho da dirti nulla. Nella mia partita da Milano, quello Signore aveva incominciato adviare le genti, et mandava il Conte Galeazzo con dumila cavalli e mille fanti. Che seguirà alla giornata, sarai advisato. = Volendo trovare una spiegazione a queste parole della Nostra, gioverebbe leggere le istruzioni date dalla Signoria a Iacopo di Piero Guicciardini, eletto oratore al re Ferdinando, e a messer Bernardo di Filippo Giugni, eletto oratore a Francesco Sforza, il primo di agosto. Mentre al Re si diceva, che del Conte Piccinino stava bene quel che aveva fatto, col Duca di Milano se ne facevano alti lamenti; conchiudendo, ben vero, coll'esortare l'uno e l'altro a non romper la pace, per il bene d'Italia.
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