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Costanza Moscheni
"Castruccio: poema epico"
Opere poetiche, vol. 1
Lucca: Tip. di F. Bertini, 1811

RAPPORTO DEI GIUDICI DELL' ACCADEMIA NAPOLEONE NEL CONCORSO POETICO DE' 3 GENNAJO 1811

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I Poetici componimenti a noi presentati in numero di sei, ci sono tutti comparsi meritevoli di stima e lode particolare.

Più d' ogni altro però ha richiamata a se la nostra attenzione un Poema Epico in ottava rima, diviso in sei Canti, che ha per titolo Il Castruccio, con l' Epigrafe = In magnis voluisse sat est = Una felice invenzione, una lodevole condotta, un bel verseggiare, ed uno stile purgato sono i pregi, chè hanno indotto gli animi nostri a destinargli la Corona Accademica; senza che abbiano potuto distornare il nostro giudizio alcuni nei di facile correzione, che vi si scorgono, avendo presente la massima, che il gran Maestro dell' Arte Poetica consegnò fra gli aurei suoi precetti, scrivendo = Ubi plura nitent in Carmine, non ego paucis offendar maculis. =

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NOTIZIE ISTORICHE INTORNO LA VITA DI CASTRUCCIO DEGLI ANTELMINELLI REDATTE PER SERVIRE ALL' INTELLIGENZA DEL PRESENTE POEMA

La famiglia degli Antelminelli era fra le più distinte di Lucca fino dall' anno 400. dell' Era Cristiana. Nobile, potente, s' ingrandì sempre fino all' anno 850. In cui essendo essa divenuta troppo numerosa fu d' uopo che si dividesse in molti ceppi, che assunsero varj nomi, ritenendo però il principale degli Antelminelli, e le insegne della famiglia. Dal ceppo degli Antelminelli Castracane per una non interrotta serie di conosciuti discendenti nacque circa la metà del Secolo XIII. Gerio degli Antelminelli, e fu erede di molte terre e signorie acquistate dai suoi antenati.
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Altre ancora egli medesimo ne comperò. Gerio aveva due fratelli, Nicolao, e Francesco, ed erano tutti generalmente amati dal popolo, come persone di gran virtù, e lealtà, e furono sempre impiegati nei più gravi maneggi del pubblico governo. Gerio uomo dato alla quiete più dei suoi fratelli esercitava di preferenza la mercatura. Nell' anno 1278. tolse in moglie una nobilissima giovine Lucchese della famiglia delli Streghi signori di Vallecchia, e di Corvara per nome Puccia, che rimase gravida nell' 1280, e nel mese di Marzo 1281. dopo grandissimo travaglio e timore della sua vita, partorì ai 29. di detto mese un bambino, che fu nel seguente giorno, con pompa conforme al grado della famiglia, battezzato nel Tempio di San Gievanui, e gli fu posto nome Castruccio, per rinuovare i passati della sua famiglia. Nacque nella casa paterna nella contrada di S˙ Benedetto in Gottella, che fu circa ventiquattro anni sono demolita per dar luogo alla moderna Piazza Bernardini.

Nell' anno 1301. le fazioni dei Bianchi, e dei Neri avendo infestata tutta l' Italia, e segnatamente la Toscana, la
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Città di Lucca e il suo popolo si mostrarono fortemente invasi dallo spirito di divisione, e di partito; gli Obizi, i Salamoncelli, i Malapesi, i Bernarducci, ed i Porcaresi difendendo la parte Nera; e gli Antelminelli, Mordecastelli, Pogginghi, Quartigiani, ed i Fondi difendendo la Bianca. Fu ucciso M˙ Obizi Dottore di Legge da Bacciomeo Pisano, e da Bonuccio Antelminelli. Postesi perciò in arme le dette fazioni, quelli della parte Bianca furono perseguitati, e scacciati dalla Città, e le case degli Antelminelli poste a S Martino furono rovinate, ed abbruciate. Gerio vedendo di non potere resistere alla parte contraria fu costretto a partirsi di Lucca con tutta la sua famiglia, seco portando solamente alcuni denari e gioje, ed abbandonando le sue numerose terre e possessioni, come i suoi molti traffichi, e negozj alla ventura delle circostanze. Andossene pertanto con la moglie, ed i figlj in Ancona, terra assai mercantile, dove aveva ancora qualche interesse, sperando che le cose di Lucca potessero prendere un aspetto di tranquillità. Ma sentendo che ogni giorno la parte Nera si faceva più forte, ed
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avendo perduta ogni speranza di ritornare in patria, non che di recuperare le sue terre, ed i suoi beni, fu talmente preso da grandissimo dolore che dopo sette mesi dalla sua partita da Lucca s'infermò di febbre, e morì. Nè tardò molto Puccia sua moglie a seguirlo oppressa dall' istesso dolore, e forse maggiore, vedendosi priva del marito e della Patria. Rimasto così Castruccio orbo del padre, e della madre, nè più avendo speranza di ritrarre dal pingue paterno patrimonio cosa alcuna onde al suo sostentamento provvedere, desideroso di affrontare i pericoli e le fatiche della guerra, a cui si sentiva inclinato, deliberò di partire per l'Inghilterra e girne a Londra ove si trovava Alderico Antelminelli suo parente, mercante ricchissimo, sempre grato ai suoi, ed alla patria. Soccorso e provvisto di denaro dai suoi amici in Ancona, hene accolto e fornito di tutto il bisognevole da più mercatanti Lucchesi che incontrò nel passare per la Francia, giunse finalmente a Londra dove era Alderico sopradetto che l' accolse con tutta l' amorevolezza.

Ivi in breve tempo imparò la lingua inglese, e per la destrezza, e la bellezza
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del corpo, per l' acutezza dell' ingegno, e per la facondia di parlare, di cui era ornatissimo, si rese per modo accetto a tutti i Principi di quella nazione, e fra gli altri fu gratissimo al Re Odoardo Il. Si compiacque questo Re di Castruccio per le rare qualità di talento, e d'ingegno, che in lui riconobbe, ma molto ancora per la destrezza, l' agilità, e l' intelligenza in ogni sorta di giuochi ginnastici. Ma questi furono la causa del suo precipizio a quella Corte. Poichè giuocando un giorno alla palla in presenza dello stesso Re con un Barone dal Re medesimo favorito, ed essendo insorta fra loro per causa del giuoco questione, il Barone avendo dato uno schiaffo a Castruccio, questi tratto un pugnale davanti al Re medesimo sul momento l' uccise. Potè Castruccio sull' istante con la fuga salvarsi favorito dai molti suoi amici, ed entrando in una barca sul Tamigi passò incontanente nelle Fiandre. Quivi ardeva la guerra fra i Francesi, e gl' Inglesi collegati coi Fiamminghi. Alberto Scoto Piacentino che con quattrocento cavalli, e mille dugento fanti Italiani era passato nelle Fiandre ad unirsi a Filippo il
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Bello ricevè sotto le sue bandiere il fuggitivo Castruccio. In breve tempo tanto guadagnò questi nell' animo di Alberto, (che ben facilmente conobbe i suoì decisi talenti militari, assistiti dalle più favorevoli disposizioni del corpo, e dal più fermo coraggio, ed intrepidezza nei pericoli) che gli affidò una compagnia, e fecelo Capitano. Tanto in questa guerra si comportò con valor sommo, prudenza grande, e vigilanza, che si acquistò il nome di ottimo Capitano, e rimase grande in quel Regno la memoria di lui.

Desideroso di poter ritornare nella sua patria e rivendicare il patrimonio paterno, e restituire gli amici alle loro case, si portò presso l'Imperatore le di cui intenzioni erano di estendersi nell' Italia, paese al sommo lacerato dalle fazioni, ed in preda ad una universale anarchia, da poi che era stata dagli Imperadori Tedeschi abbandonata fino dai tempi di Federico II. E già Enrico VIII. aveva scorso tutta la parte settentrionale di questa penisola fino a Roma, e lasciata soltanto addietro la Toscana, onde disegnava di compier l' opera con l'occupazione di questa e del regno di Napoli.
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Ma la di Ini improvvisa morte troncò ogni disegno. Castruccio frattanto erasi portato in Germania ove fu molto conosciuto, stimato, ed accetto a Lodovico Duca di Baviera, che fu nominato Imperatore da gran numero di Elettori a competenza di Federigo Duca d' Austria. Ivi seguì la sorte di Lodovico, a cui fu molto utile nella guerra degli otto anni che terminò poi con la vittoria riportata da Lodovico nella famosa battaglia di Muldorf.

Castruccio fu da Lodovico destinato a ritornare in italia per favorire il partito dei Ghibellini, e si congiunse con Uguccione della Faggiuola Aretino Signore di Pisa. Uguccione ragunate le forze sue col consiglio, e l'ajuto di Castruccio piombò sopra Lucca da dove cacciarono i Guelfi e fecero rientrare i fuorusciti Ghibellini, e dopo avere Uguccione assai malmenata la città, lasciò al di lei comando Francesco suo figlio maggiore col titolo di Podestà. Frattanto i Fiorentini gelosi dell'ingrandimento di Uguccione mossero da Firenze con molta soldatesca, e si accamparono sotto Montecatino. Andò loro incontro l' armata di Uguccione condotta
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da Castruccio, e vennero ben presto alle mani. Ben era da temere che i Lucchesi ed i Pisani per essere in minor numero dei Fiorentini potessero avere la peggio; ma tanta fu la bravura, l'intelligenza, e la prudenza di Castruccio che furono i Fiorentini totalmente battuti, e disfatti, e fu preso il forte castello di Montecatino, e quello di Monsummano. Uguccione vittorioso volle dar segno di sua riconoscenza a Castruccio, ai di cui talenti e valore dovendosi attribuire così segnalata vittoria, avendo creato Neri suo figlio secondogenito Principe di Lucca gli diede Castruccio per speciale confidente, e consigliere come quello che riunendo ai sommi talenti militari, i politici ancora sapesse ben guidarlo nel governo di Lucca.

Appena ritornato Castruccio in patria i suoi parenti e gli amici lo stimolarono a maritarsi all'oggetto di accrescere le amicizie, e le adereuze. Fra le molte che gli furono proposte egli alfine si decise per una giovinetta della famiglia delli Streghi, la stessa famiglia di sua madre, per nome Pina. Dotata di tutte le più eccellenti qualità era essa, come fu sempre il più caro oggetto dell' amore di suo
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marito, non meno che della città tutta. Scorso appena un' anno dalle nozze gli partorì un figlio che fu nominato Enrico, e così seguendo ogni anno ebbe quattro figli maschi, cioè il detto Enrico, Valeriano, Giovanni, e Guarniero, e cinque femmine che furono Dialta, Caterina, Bertecca, Jacopa, e Verde. Tutti sopravvissero al padre loro, eccetto Guarniero che morì in fascie a Sarzana.

Cresceva intanto la benevolenza, ed il nome di Castruccio più di quello che Uguccione avrebbe voluto, onde tenendolo sospetto nello stato di Lucca, sentendo che fosse tanto grato ai cittadini di quella, ed ai soldati, come uomo astuto e presago del male si andava indovinando che ne dovesse succedere la sua rovina. Perciò fatto scordevole di tanti beneficj ricevuti da lui si dispose a ricompensarlo d'ingratitudine, e grandissimo scorno per potere con più sicurtà dominar Lucca, e stabilirvi il suo figliuolo. Così posto ad effetto l'iniquo proponimento ordinò al figliuolo che presa alcuna buona occasione procurasse di imprigionare Castruccio e prontamente con ogni segretezza
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lo facesse decapitare. Fu immantinente da Neri eseguito l' arresto di Castruccio preso il pretesto di certa uccisione accaduta in Camajore, e fu posto in ristrettissima carcere legato con ferri e catene. Ma Neri non ardì di farlo trarre a morte senza essere munito di maggiori forze militari nella Città, perchè Castruccio essendo così gran capitano, e tanto amato dal popolo dubitava di tumulto. E già i principali della Città, gli amici ed i partigiani con tutto il popolo incominciavano a sdegnarsi ed adirarsi contro Neri, il quale benchè fortemente sollecitato dal padre a compier l'opera dubitava però molto, e temeva. Finalmente Uguccione, non potendo più sopportare l' indugio del figlio, sapendo quanto importava alla sua quiete ed al suo stato il far morire Castruccio, si partì di Pisa con quattrocento scelti cavalli, risoluto di dar fine ai suoi disegni.

Non era per anche lontano tre miglia da Pisa quando si mosse il popolo Pisano tutto desideroso di liberarsi da quella servitù, si fece grandissimo tumulto, furono prese le armi, dato nelle campane, e tutti armati corsero alla
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Piazza dei Signori. Entrati quindi nel Palazzo fu ucciso il Vicario di Uguccione, e gran parte della sua famiglia; furono fatti molti prigioni; furono cacciati dalla citta i suoi seguaci, e tutti gli stipendiati forestieri. Uguccione a mezza via fra Lucca, e Pisa fu avvisato dell' accaduto, e tornò indictro co' suoi cavalli, ma invano poichè il popolo Pisano avendo chiuse le porte, e presidiate le mure non gli permise di entrarvi.

Si rivolse subito a Lucca dove entrò nella notte, ma ritrovò che ivi pure i Lucchesi gravemente provocati avevano prese le armi ricercando la liberazione di Castruccio. Sperava egli di frenarli con la sua presenza, ma il tumulto era già troppo grande e facevasi sempre maggiore, per modo che temendo per la sua vita, e per quella del figlio trasse di prigione Castruccio. Grande fu l'allegrezza per la città tutta di questa liberazione, e si voleva vendetta contro di Uguccione, e dei suoi. Ma Castruccio non lo comportò; anzi concesse loro salvocondotto di andare dove più ad essi piacesse, e così uscendo da Lucca prese il cammino verso Verona a Cane della Scala signore di quella città.

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Liberata così Lucca dalla tirannia di Uguccione fu eletto Castruccio in capo della Repubblica dal consenso quasi universale del popolo che lo acclamò il giorno stesso della sua scarcerazione. Tale acclamazione fu poi legittimamente rinuovata nove giorni dopo dal Consiglio Generale della Repubblica, mentre Castruccio era assente da Lucca, essendo che egli fosse, immediatamente scarcerato, corso contro i Fiorentini nel Valdarno per ricuperare il castello di Vincio che essi in quelle turbolenze avevano occupato. Nella radunanza del Consiglio Generale suddetto a bella posta per tale oggetto tenuta perorò a favore di Castruccio Niccola di Poggio con tanta e robusta eloquenza in modo che gli fu conferito il generale assoluto comando della Repubblica per sei mesi. Ritornato Castruccio vincitore di Vincio a Lucca giurò nello stesso luogo della sua elezione di ben governare per detto tempo soltanto a tenore della risoluzione del Consiglio. Fu perciò che molte famiglie Guelfe abbandonarono Lucca ormai in pieno potere dei Ghibellini. Diminuiti così i nemici di Castruccio e reggendo egli la città con piena soddisfazione
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di tutti, avvicinandosi al termine della sua signoria fu, nello stesso luogo, e con le stesse forme, confermato nel governo della città, e stato per un' altro anno. Sempre più soddisfatti i Lucchesi della condotta di Castruccio prima che spirasse questo secondo termine fu di nuovo nel governo con le consuete formalità confermato per altri dicci anni. Lo stato delle cose voleva che Castruccio col rigore, e con la severità, temperata dalla sua rara prudenza assicurasse la quiete in una città stata fino allora il centro delle turbolenze. Per lo che fece morire molti nobili che le sedizioni, ed il sovvertimento del buon ordine a pertamente macchinavano; indusse il Re Roberto a pacificarsi coi Pisani, e coi Lucchesi; rispinse Uguccione che col favore di Mastino dalla Scala era venuto in Lunigiana per tentare di ristabilirsi in Pisa; punì il Marchese Spinetta Malaspina, che a lui aveva dato ricetto nelle sue terre; recuperò Massa, e le altre terre di Lunigiana, e di Garfagnana, e fortificò molte terre dello stato. Dopo due anni di governo così prospero, e di piena universale soddisfazione
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fu dal Consiglio Generale della Repubblica confermato in supremo ed assoluto Signore di Lucca per tutto il tempo di sua vita, senza che alcuno ardisse opporsi ad una risoluzione che unica nelle circostanze formava la sicurezza e la tranquillità dello Stato.

Arrivato Castruccio a quel punto di grandezza che maggiore non poteva ottenere in patria pensò di dover corrispondere ai voti del popolo assicurando i suoi stati coll' ingrandirgli e perciò fargli più forti. Colse pertanto l' occasione che i Fiorentini si erano portati nella Lombardia, e in loro assenza ne invase e devastò le terre, onde questi abbandonar dovettero quell' impresa per ridursi a casa a difendere il proprio stato. Volse allora le sue forze Castruccio contro Genova, collegandosi coi Visconti di Milano, ma i Fiorentini gli resero la pariglia, poichè essendo entrati nello stato di Lucca obbligarono Castruccio a retrocedere. Non contenti di questo i Fiorentini mandarono nell' anno seguente al Marchese Spinetta buon numero di soldati, acciocchè egli entrasse da Ponente nello stato Lucchese, mentre essi lo avrebbono attaccato da Levante.
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Ciò penetratosi da Castruccio raccolse il maggior numero di forze, e si portò nel Valdarno dove i Fiorentini assediavano Montevetturino, ed obbligatigli a sloggiare dal loro campo, ed a tornare a Firenze in somma fretta, si rivolse contro il Marchese Spinetta invadendo tutta la Lunigiana, e scorrendo fino a Pontremoli dove edificò una torre con una iscrizione analoga alle circostanze. In tanto splendore a cui era salito non giudicò conveniente l' abitare più lungamente in Lucca nella casa di Principale dal Portico cittadino Lucchese molto facolteso, onde risolvette di fabbricarsi con eccessiva spesa e magnificenza un nobilissimo palazzo nel quale occupò quasi intiera una quarta parte della città, quella cioè che posta fra ponente, e mezzogiorno guarda Libeccio. Comprese in questa gran fabbrica oltre quattrocento case, quattro chiese ancora, ed in quest' opera impiegò i materiali delle trecento torri che sei anni addietro aveva fatte demolire nelle case dei Guelfi Lucchesi che avevano abbandonata la città: ed imitando il superbo costume degli antichi Imperatori Romani denominò questa fabbrica l' Augusta.

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Prese frattanto le armi contro i Pistojesi che avevano ardito di commettere alcune ostilità sui confini coll' ajuto dei Fiorentini, rispingendogli, e togliendo loro alcuni paesi gli obbligò a rinuovare il patto con lui poco prima stabilito di pagargli in annuo tributo la somma di scudi tremila. Ma i Fiorentini mal soddisfatti dell' esito dell' affare di Pistoja si collegarono, e dettero denari a Jacopo Fontana Signore di Forlì acciò si unisse con loro contro i Lucchesi. Castruccio avvisato di tutto seppe così avvedutamente maneggiarsi col Fontana che lo trasse al suo partito, e diede il guasto in gran parte al territorio Fiorentino. In questo Lodovico il Bavaro avendo difinitivamente ultimate tutte le vertenze, e le turbolenze della Germania per la sua elezione all' Impero, fu da Castruccio a lui mandata onorevole ambasciata. L' Imperatore grato a Castruccio si compiacque crearlo Conte, e Segretario Imperiale, e suo Vicario in Lucca, e vi aggiunse molte promesse, ed amplificazioni di privilegj. In questo stesso tempo accrebbe lo Stato col dominio di varie terre nella montagna confiscate a Luporo Lupari che ne era
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il Signorc, convinto, come si diceva, di aver commessi alcuni gravi delitti. In appresso i Pistojesi mossero nuovamente contro il territorio Lucchese inquietando gli abitanti sui confini, ma Castruccio ben presto gli ridusse ai loro doveri, accrebbe loro l' annuo tributo che pagavano, edificò nel territorio un forte Castello che chiamò Belriguardo, o sia Bellaspera. Ricuperò ancora il Castello di Pontito, e fabbricò la famosa, e quasi inespugnabile Rocca di Pietrasanta, e quella di Sarzanello sopra Serzana stata poi accresciuta come oggi si vede da Pietro Fregoso di Genova. Nacquero circa questo tempo varj segreti dissapori fra il Conte Raniero Signore di Pisa, e Castruccio, atteso che il Re Roberto di Napoli unitamente al Conte occultamente si maneggiassero, e macchinassero contro Castruccio, troppo gelosi della sua prosperità e del suo ingrandimento. Castruccio seppe dissimulare le pratiche di questi suoi occulti nemici aspettando favorevole occasione di vendicarsi del Re Roberto non meno che della poca lealtà di Raniero benchè suo collegato.

Tutto andando prosperamente per i
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Lucchesi si trovavano essi contentissimi del Governo di Castruccio, perchè godevano della quiete e tranquillità nell' interno della città, erano temuti e rispettati dagli esteri, perchè sempre vincitori nelle battaglie. Il desiderio di potere lungamente godere di questi beni determinò i Lucchesi a secondare le idee di Castruccio per assicurare il governo di Lucca, e fu con le antiche consuete formalità prorogato il dominio di Lucca, che egli aveva ottenuto finchè vivesse, nel suo figlio primogenito Enrico giovine della maggiore espettazione, e degno figlio di così gran genitore. Assicurata così nella sua descendenza la Signoria di Lucca, avendo i Pistojesi, rotta la tregua, tolse loro la Sambuca, ed indusse Filippo Tedici suo principale Cittadino a dare a lui il dominio di Pistoja e suo territorio; ciò fatto fu il Tedici da Castruccio creato suo Vicario, e Governatore di quella città, e gli diede in moglie Dialta sua figlia primogenita. Ciò destò la gelosia degli irrequieti Fiorentini, e posero insieme un esercito di tremila cavalli, e ventimila fanti, composto oltre le forze loro, dei soccorsi che avevano ricevuti dalle città Guelfe della
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Toscana, dai Bolognesi, dalla Romagna, dalla Puglia, dalla Francia, e dalla Germania. Con queste numerosissime forze si avanzarono i Fiorentini fino nella Valle dell' Altopascio per piombare sopra Lucca. Ma Castruccio avendo inteso la mossa dei Fiorentini uscì da Lucca con tutti i suoi soldati, e cavalli, e quantunque inferiore di numero seppe così ben disporre la sua armata, occupando i siti più vantaggiosi, che venuto alle mani coll' esercito Fiorentino dopo molte ore di terribile combattimento, gli disfece pienamente facendo prigioni quindici mila soldati, frai quali Raimondo Cardona Generale Spagnolo che comandava la battaglia, Filippo suo figlio, molti Baroni Francesi, quaranta Ufficiali delle primarie famiglie di Firenze, cinquanta Cavalieri oltramontani, e trenta uomini di titolo delle terre di Toscana. Questa strepitosissima vittoria fu da Castruccio ottenuta in grazia dei suoi rarissimi talenti militari, nel disporre l' esercito alle battaglie singolarmente, e nel prevenire sempre il nemico negli attacchi. Galeazzo Visconti, che si trovava in Lombardia, era accorso co' suoi per collegarsi a Castruccio; m a giunse tardi, poichè era
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ultimata la battaglia al suo arrivo. Bramoso di vendicare i molti oltraggj ricevuti dai Fiorentini si spinse ad inseguire gli avanzi fuggitivi del disfatto esercito Fiorentino, ed avendolo secondato Castruccio in questo suo desiderio si accamparono sotto le mura di Firenze. Qual fosse lo spavento, il timore, e la costernazione di quella città è cosa facile ad immaginarsi. Castruccio avrebbe potuto sul momento, e con poca fatica occuparla; ma la sua prudenza lo rattenne da un passo che poteva essergli per altra parte funesto. Poichè non avendo lasciato forze alcune in Lucca, e soltanto avendovi inviati quei pochi soldati che facevano la scorta delle molte migliaja di prigionieri fatti nella battaglia, ed essendoli note le occulte prave intenzioni del Conte Ranieri Signore di Pisa che avrebbe trovato facilmente nei Guelfi Lucchesi e nei prigionieri fatti dei partigiani in Lucca, e dei soldati, non credette opportuno alla sua sicurezza tener lontana la soldatesca dai suoi stati. Però sì limitò a trattenersi alcuni giorni sotto Firenze accampato, facendo in questo frattempo ivi correre dei Palj, e battere delle monete dette Castruccine, in
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segno e memoria della sua possanza, e della sua bravura, e ritornossene a Lucca. Ma il suo ritorno non fu secondo l' usato, poichè volle farlo con tutta la massima solennità, e pubblicità. Perciò egli stabilì di fare in patria il suo ingresso trionfale, conducendo dietro a se tutti i prigioni fatti nella battaglia, portandovi tutte le insegne, e macchine dei nemiei. Fu il dì 11. di Novembre, giorno ricordevole in Lucca, ricorrendo nel medesimo la festa di S˙ Martino titolare della nostra Cattedrale, che Castruccio fece il suo trionfale ingresso con la massima pompa, e fu accolto con tutte le più grandi acclamazioni, ed il più vivo entusiasmo dal popolo, e dagli abitanti. Volle l' Uom grande perfino, che in tal giorno fosse permesso ai fuorusciti, e banditi di rientrare liberamente in Lucca, volendo che il giorno del suo trionfo fosse giorno di pace, e di letizia universale.

Avendo veduto i Fiorentini che soli non erano bastanti a difendersi da Castruccio risolvettero di chiedere ajuti ai loro amici, e confederati, per lo che spedirono ambasciatori in Puglia, ed in Francia. In Puglia al duca di Calabria
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primogenito del Re Roberto perchè venisse in Toscana a difendergli, e per questo gli offrirono l' assoluto dominio per dieci anni: ed in Francia al Pontefice Giovanni XXII. che risiedeva in Avignone, acciò con l' autorità sua raffrenasse l' ambizione di Castruccio. Ebbero da per tutto favorevoli risposte; perchè il Re di Francia mandò Gualtiero conte di Baviera con alquanti soldati e cavalli, mentre egli stesso si preparava a venire con forze maggiori. Il Papa spedì il Cardinale Orsino suo Legato col titolo di Paciero, perchè con l' autorità della Sede Apostolica ponesse freno a tante inimicizie. Ma nè l' uno, nè l' altro ottennero cosa alcuna, perchè continuando Castruccio a molestare i Fiorentini poco curo il conte di Baviera, ed al Legato A postolico, che mandò a complimentare in Pisa, disse aver buona volontà di pacificarsi, mentre coi fatti agiva secondo che richiedevano il suo interesse, e la sua sicurezza: onde ebbe col Papa dei gravissimi dissapori.

Venne in questo a Firenze il Duca di Calabria con poderosissime forze, e congiunte queste con quelle dei Guelfi Fiorentini
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ricuperarono alcune terre e castelli che Castruccio aveva loro occupato. Il Marchese Spinetta unito col Duca di Calabria si mosse contro Castruccio dalla parte della Lunigiana, entrò nello Stato Lucchese e fece molto guasto nelle sue terre. Vedeva Castruccio che male poteva resistere contemporaneamente a due nemici che lo avevano assalito da parti opposte, perciò lasciando che il Duca di Calabria venisse avanti tutto si rivolse contro il Marchese Spinetta che disfece, e cacciò dalla Lunigiana. Si seppe frattanto che i Visconti di Milano, Mastino dalla Scala Signor di Verona, Passerano di Mantova, Rinaldo d' Este, avevano richiamato in Italia l' Imperatore Lodovico il Bavaro acciò prendesse la protezione loro contro i Guelfi, e Castruccio come bene affetto all' Imperatore volle unirsi alla lega Lombarda. Questa notizia cangiò lo stato della guerra in Toscana. Il Duca di Calabria ritirò le sue truppe da Firenze: i Ghibellini di questa città elessero Castruccio in loro capitano generale, e gli diedero non piccoli ajuti. Castruccio si portò a Milano incontro all' Imperatore Lodovico, e fu tanto bene accolto che
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potè con la sua intercessione accomodare le serie vertenze che erano insorte fra l' Imperatore ed i Visconti. Lodovico conosceva troppo la bravura, ed i talenti di Castruccio, e sapeva che la grande opinione che si aveva in Italia di lui, erano i soli mezzi per riuscire nei suoi disegni, che erano di farsi incoronare e consacrare a Roma, e di fare in scguito la conquista del Regno di Napoli. Castruccio promise all' Imperatore tutta la sua assistenza e fedeltà. Congiunto Castruccio con l' Imperatore, e con la lega Lombarda destò in tutti il più grave timore. Venne con Lodovico a Lucca dove fu alloggiato nell' Augusta con ogni sorta di onori, e di liberalità. Qui l' Imperatore lo creò suo Vicario in Pisa, Duca di Lucca, Pistoja, Volterra e gli diede il titolo di Gonfaloniere dell' Impero. Le turbo'enze di Roma avrebbero scoraggito Lodovico dal portarsi in cotesta Capitale se non avesse avuto al suo fianco il temuto Castruccio. Di fatto il popo'o Romano fluttuante nelle opinioni sarebbe venuto facilmente a qualchè inconsiderata risoluzione; ma il nome di sì gran capitano l' indusse ad adottare dei principj
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pacifici, e furono mandati degli ambasciatori a Lodovico e a Castruccio fino a Viterbo. La fermezza però di quest' ultimo, e l' avveduto contegno che con essi tenne, fece che Lodovico potesse entrare in Roma non solo senza opposizione alcuna, ma vi fosse ben ricevuto dal popolo. Lodovico essendo stato incoronato a Roma Re dei Romani, volendo rimunerare tanti e sì importanti servigj, che gli aveva reso Castruccio lo creò Conte del Laterano, Senatore di Roma, e Luogotenente dell' Impero, e dell' Imperatore istesso.

Voleva Lodovico malgrado le opposizioni di Papa Giovanni XXII. passare all'impresa del Regno di Napoli, quando giunse a Roma la notizia che il Duca di Calabria si era volto alla difesa di quel Regno, e che aveva lasciato suo Luogotenente in Toscana Filippo da Sanguineto. Questi profittando della lontananza di Castruccio gli aveva tolto Pistoja, e minacciava di portarsi sopra Lucca. Si vide Castruccio nella necessità di abbandonare l' Imperatore, e ritornare ad opporsi a Filippo, per lo che Lodovico vedendosi privo di quell' appoggio in cui unicamente confidava depose
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il pensiero di andare contro Napoli e si volse anch' egli per la Toscana. Giunto a Lucca Castruccio unite le sue forze con quelle di Galeazzo Visconti strinse Pistoja di forte assedio, diede una terribile battaglia ai Fiorentini nella quale egli stesso combattè per quattro ore continue a capo scoperto fra le file dei soldati, e disfece totalmente Filippo, e recuperò la Città e la fortezza di Pistoja da lui poco prima fatta fabbricare, e che aveva denominata la Rolanda. Lodovico vedendo in questo che le sue cose in Italia andavano poco felicemente attese a trar denari da tutte le Città sotto qualunque ragione, e presone ancora dai Pisani privò Castruccio di quel Vicariato facendone libera cessione ed investitura all' Imperadrice sua consorte, la quale vi mando per suo Vicario. il Conte di Ottinghino. Del che sentendosi offeso Castruccio, posto da parte ogni riguardo per l' Imperatore con quelle forze che aveva adoperate contro Pistoja si volse a Pisa, e se ne impadronì alli tre di Agosto l' anno 1328.

Quì ebbero termine le imprese di quest' uome veramente grande, poichè indebolito dalle disgrazie sofferte, e dalle immense
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fatiche, sorpreso da febbre molto violenta, dopo aver dato ordine a tutte le cose dello Stato nel suo testamento, e nei ricordi che lasciò in voce ai suoi figli ed alla moglie, avendo ancora soddisfatto con la più grande edificazione ai doveri tutti della Religione, morì finalmente il dì tre di Settembre dell' anno medesimo, compianto generalmente da tutti. Fu il dì 14. dello stesso mese con solenne funebre pompa trasportato nella Chiesa di S˙ Francesco, dove dopo le sacre cerimonie fu seppellito innanzi l' altar maggiore di detta Chiesa.

Le notizie sulla vita di Castruccio sono state estratte dal Dottor Domenico Luigi Moscheni, da varj Scrittori, e segnatamente dal Beverini, e Tucci storie di Lucca manoscritte. Ald. Manucci vita di Cast. Nicolao Tegrini vita di Cast. Scipione Ammirato storia di Toscana.


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