[p. vii]
I Poetici componimenti a noi presentati in numero
di sei, ci sono tutti comparsi meritevoli di
stima e lode particolare.
[p. ix]
NOTIZIE ISTORICHE INTORNO LA VITA DI CASTRUCCIO DEGLI ANTELMINELLI REDATTE PER SERVIRE ALL' INTELLIGENZA DEL PRESENTE POEMA
La famiglia degli Antelminelli era fra
le più distinte di Lucca fino dall' anno
400. dell' Era Cristiana. Nobile, potente, s' ingrandì sempre fino all' anno 850.
In cui essendo essa divenuta troppo numerosa
fu d' uopo che si dividesse in
molti ceppi, che assunsero varj nomi,
ritenendo però il principale degli Antelminelli,
e le insegne della famiglia.
Dal ceppo degli Antelminelli Castracane
per una non interrotta serie di conosciuti
discendenti nacque circa la
metà del Secolo XIII. Gerio degli Antelminelli,
e fu erede di molte terre e
signorie acquistate dai suoi antenati.
[p. x]
Altre ancora egli medesimo ne comperò.
Gerio aveva due fratelli, Nicolao,
e Francesco, ed erano tutti generalmente
amati dal popolo, come persone di
gran virtù, e lealtà, e furono sempre
impiegati nei più gravi maneggi del
pubblico governo. Gerio uomo dato alla
quiete più dei suoi fratelli esercitava
di preferenza la mercatura. Nell' anno
1278. tolse in moglie una nobilissima
giovine Lucchese della famiglia delli
Streghi signori di Vallecchia, e di Corvara
per nome Puccia, che rimase gravida
nell' 1280, e nel mese di Marzo 1281.
dopo grandissimo travaglio e timore della
sua vita, partorì ai 29. di detto mese
un bambino, che fu nel seguente giorno,
con pompa conforme al grado della
famiglia, battezzato nel Tempio di San
Gievanui, e gli fu posto nome Castruccio,
per rinuovare i passati della sua famiglia.
Nacque nella casa paterna nella
contrada di S˙ Benedetto in Gottella,
che fu circa ventiquattro anni sono
demolita per dar luogo alla moderna
Piazza Bernardini.
Nell' anno 1301. le fazioni dei Bianchi,
e dei Neri avendo infestata tutta
l' Italia, e segnatamente la Toscana, la
[p. xi]
Città di Lucca e il suo popolo si mostrarono
fortemente invasi dallo spirito
di divisione, e di partito; gli Obizi, i
Salamoncelli, i Malapesi, i Bernarducci,
ed i Porcaresi difendendo la parte
Nera; e gli Antelminelli, Mordecastelli,
Pogginghi, Quartigiani, ed i Fondi
difendendo la Bianca. Fu ucciso M˙
Obizi Dottore di Legge da Bacciomeo
Pisano, e da Bonuccio Antelminelli.
Postesi perciò in arme le dette fazioni,
quelli della parte Bianca furono perseguitati,
e scacciati dalla Città, e le case
degli Antelminelli poste a S Martino
furono rovinate, ed abbruciate. Gerio
vedendo di non potere resistere alla
parte contraria fu costretto a partirsi
di Lucca con tutta la sua famiglia, seco
portando solamente alcuni denari e gioje,
ed abbandonando le sue numerose terre
e possessioni, come i suoi molti traffichi,
e negozj alla ventura delle circostanze.
Andossene pertanto con la moglie,
ed i figlj in Ancona, terra assai
mercantile, dove aveva ancora qualche
interesse, sperando che le cose di Lucca
potessero prendere un aspetto di tranquillità.
Ma sentendo che ogni giorno
la parte Nera si faceva più forte, ed
[p. xii]
avendo perduta ogni speranza di ritornare
in patria, non che di recuperare
le sue terre, ed i suoi beni, fu talmente
preso da grandissimo dolore che dopo
sette mesi dalla sua partita da Lucca
s'infermò di febbre, e morì. Nè tardò
molto Puccia sua moglie a seguirlo oppressa
dall' istesso dolore, e forse maggiore,
vedendosi priva del marito e della
Patria. Rimasto così Castruccio orbo
del padre, e della madre, nè più avendo
speranza di ritrarre dal pingue paterno
patrimonio cosa alcuna onde al
suo sostentamento provvedere, desideroso
di affrontare i pericoli e le fatiche
della guerra, a cui si sentiva inclinato,
deliberò di partire per l'Inghilterra e
girne a Londra ove si trovava Alderico
Antelminelli suo parente, mercante ricchissimo,
sempre grato ai suoi, ed alla
patria. Soccorso e provvisto di denaro
dai suoi amici in Ancona, hene accolto e
fornito di tutto il bisognevole da più mercatanti
Lucchesi che incontrò nel passare
per la Francia, giunse finalmente a
Londra dove era Alderico sopradetto che
l' accolse con tutta l' amorevolezza.
Ivi in breve tempo imparò la lingua
inglese, e per la destrezza, e la bellezza
[p. xiii]
del corpo, per l' acutezza dell' ingegno,
e per la facondia di parlare, di
cui era ornatissimo, si rese per modo
accetto a tutti i Principi di quella nazione,
e fra gli altri fu gratissimo al Re
Odoardo Il. Si compiacque questo Re
di Castruccio per le rare qualità di talento,
e d'ingegno, che in lui riconobbe,
ma molto ancora per la destrezza,
l' agilità, e l' intelligenza in ogni sorta
di giuochi ginnastici. Ma questi furono
la causa del suo precipizio a quella Corte.
Poichè giuocando un giorno alla palla
in presenza dello stesso Re con un
Barone dal Re medesimo favorito, ed
essendo insorta fra loro per causa del
giuoco questione, il Barone avendo dato
uno schiaffo a Castruccio, questi tratto
un pugnale davanti al Re medesimo
sul momento l' uccise. Potè Castruccio
sull' istante con la fuga salvarsi favorito
dai molti suoi amici, ed entrando in
una barca sul Tamigi passò incontanente
nelle Fiandre. Quivi ardeva la guerra
fra i Francesi, e gl' Inglesi collegati
coi Fiamminghi. Alberto Scoto Piacentino
che con quattrocento cavalli, e
mille dugento fanti Italiani era passato
nelle Fiandre ad unirsi a Filippo il
[p. xiv]
Bello ricevè sotto le sue bandiere il fuggitivo
Castruccio. In breve tempo tanto
guadagnò questi nell' animo di Alberto,
(che ben facilmente conobbe i suoì decisi
talenti militari, assistiti dalle più
favorevoli disposizioni del corpo, e dal
più fermo coraggio, ed intrepidezza nei
pericoli) che gli affidò una compagnia,
e fecelo Capitano. Tanto in questa guerra
si comportò con valor sommo, prudenza
grande, e vigilanza, che si acquistò
il nome di ottimo Capitano, e rimase
grande in quel Regno la memoria
di lui.
Desideroso di poter ritornare nella sua
patria e rivendicare il patrimonio paterno,
e restituire gli amici alle loro case,
si portò presso l'Imperatore le di cui intenzioni
erano di estendersi nell' Italia,
paese al sommo lacerato dalle fazioni,
ed in preda ad una universale anarchia,
da poi che era stata dagli Imperadori
Tedeschi abbandonata fino dai tempi di
Federico II. E già Enrico VIII. aveva
scorso tutta la parte settentrionale di
questa penisola fino a Roma, e lasciata
soltanto addietro la Toscana, onde disegnava
di compier l' opera con l'occupazione
di questa e del regno di Napoli.
[p. xv]
Ma la di Ini improvvisa morte troncò
ogni disegno. Castruccio frattanto erasi
portato in Germania ove fu molto conosciuto,
stimato, ed accetto a Lodovico
Duca di Baviera, che fu nominato
Imperatore da gran numero di Elettori
a competenza di Federigo Duca d' Austria.
Ivi seguì la sorte di Lodovico, a
cui fu molto utile nella guerra degli otto
anni che terminò poi con la vittoria riportata
da Lodovico nella famosa battaglia
di Muldorf.
Castruccio fu da Lodovico destinato
a ritornare in italia per favorire il partito
dei Ghibellini, e si congiunse con
Uguccione della Faggiuola Aretino Signore
di Pisa. Uguccione ragunate le
forze sue col consiglio, e l'ajuto di Castruccio
piombò sopra Lucca da dove
cacciarono i Guelfi e fecero rientrare i
fuorusciti Ghibellini, e dopo avere Uguccione
assai malmenata la città, lasciò
al di lei comando Francesco suo figlio
maggiore col titolo di Podestà. Frattanto
i Fiorentini gelosi dell'ingrandimento
di Uguccione mossero da Firenze
con molta soldatesca, e si accamparono
sotto Montecatino. Andò loro incontro
l' armata di Uguccione condotta
[p. xvi]
da Castruccio, e vennero ben presto alle
mani. Ben era da temere che i Lucchesi
ed i Pisani per essere in minor numero
dei Fiorentini potessero avere la peggio;
ma tanta fu la bravura, l'intelligenza,
e la prudenza di Castruccio che furono i
Fiorentini totalmente battuti, e disfatti,
e fu preso il forte castello di Montecatino,
e quello di Monsummano. Uguccione
vittorioso volle dar segno di sua riconoscenza
a Castruccio, ai di cui talenti e valore
dovendosi attribuire così segnalata
vittoria, avendo creato Neri suo figlio
secondogenito Principe di Lucca gli diede
Castruccio per speciale confidente, e
consigliere come quello che riunendo ai
sommi talenti militari, i politici ancora
sapesse ben guidarlo nel governo di
Lucca.
Appena ritornato Castruccio in patria
i suoi parenti e gli amici lo stimolarono
a maritarsi all'oggetto di accrescere le
amicizie, e le adereuze. Fra le molte che
gli furono proposte egli alfine si decise
per una giovinetta della famiglia delli
Streghi, la stessa famiglia di sua madre,
per nome Pina. Dotata di tutte le più
eccellenti qualità era essa, come fu sempre
il più caro oggetto dell' amore di suo
[p. xvii]
marito, non meno che della città tutta.
Scorso appena un' anno dalle nozze gli
partorì un figlio che fu nominato Enrico,
e così seguendo ogni anno ebbe quattro
figli maschi, cioè il detto Enrico,
Valeriano, Giovanni, e Guarniero, e
cinque femmine che furono Dialta, Caterina,
Bertecca, Jacopa, e Verde.
Tutti sopravvissero al padre loro, eccetto
Guarniero che morì in fascie a Sarzana.
Cresceva intanto la benevolenza, ed
il nome di Castruccio più di quello che
Uguccione avrebbe voluto, onde tenendolo
sospetto nello stato di Lucca,
sentendo che fosse tanto grato ai
cittadini di quella, ed ai soldati, come
uomo astuto e presago del male si andava
indovinando che ne dovesse succedere
la sua rovina. Perciò fatto scordevole
di tanti beneficj ricevuti da lui
si dispose a ricompensarlo d'ingratitudine,
e grandissimo scorno per potere
con più sicurtà dominar Lucca, e stabilirvi
il suo figliuolo. Così posto ad
effetto l'iniquo proponimento ordinò al
figliuolo che presa alcuna buona occasione
procurasse di imprigionare Castruccio
e prontamente con ogni segretezza
[p. xviii]
lo facesse decapitare. Fu immantinente
da Neri eseguito l' arresto di
Castruccio preso il pretesto di certa uccisione
accaduta in Camajore, e fu posto
in ristrettissima carcere legato con
ferri e catene. Ma Neri non ardì di farlo
trarre a morte senza essere munito di
maggiori forze militari nella Città, perchè
Castruccio essendo così gran capitano,
e tanto amato dal popolo dubitava
di tumulto. E già i principali della
Città, gli amici ed i partigiani con
tutto il popolo incominciavano a sdegnarsi
ed adirarsi contro Neri, il quale
benchè fortemente sollecitato dal padre
a compier l'opera dubitava però
molto, e temeva. Finalmente Uguccione,
non potendo più sopportare l' indugio
del figlio, sapendo quanto importava
alla sua quiete ed al suo stato il far
morire Castruccio, si partì di Pisa con
quattrocento scelti cavalli, risoluto di
dar fine ai suoi disegni.
Non era per anche lontano tre miglia
da Pisa quando si mosse il popolo
Pisano tutto desideroso di liberarsi da
quella servitù, si fece grandissimo tumulto,
furono prese le armi, dato nelle
campane, e tutti armati corsero alla
[p. xix]
Piazza dei Signori. Entrati quindi nel
Palazzo fu ucciso il Vicario di Uguccione,
e gran parte della sua famiglia;
furono fatti molti prigioni; furono cacciati
dalla citta i suoi seguaci, e tutti
gli stipendiati forestieri. Uguccione a
mezza via fra Lucca, e Pisa fu avvisato
dell' accaduto, e tornò indictro co' suoi
cavalli, ma invano poichè il popolo Pisano
avendo chiuse le porte, e presidiate
le mure non gli permise di entrarvi.
Si rivolse subito a Lucca dove entrò
nella notte, ma ritrovò che ivi pure i
Lucchesi gravemente provocati avevano
prese le armi ricercando la liberazione
di Castruccio. Sperava egli di
frenarli con la sua presenza, ma il tumulto
era già troppo grande e facevasi sempre
maggiore, per modo che temendo per
la sua vita, e per quella del figlio trasse
di prigione Castruccio. Grande fu
l'allegrezza per la città tutta di questa
liberazione, e si voleva vendetta contro
di Uguccione, e dei suoi. Ma Castruccio
non lo comportò; anzi concesse
loro salvocondotto di andare dove più
ad essi piacesse, e così uscendo da Lucca
prese il cammino verso Verona a Cane
della Scala signore di quella città.
[p. xx]
Liberata così Lucca dalla tirannia di
Uguccione fu eletto Castruccio in capo
della Repubblica dal consenso quasi universale
del popolo che lo acclamò il
giorno stesso della sua scarcerazione.
Tale acclamazione fu poi legittimamente
rinuovata nove giorni dopo dal Consiglio
Generale della Repubblica, mentre
Castruccio era assente da Lucca, essendo
che egli fosse, immediatamente
scarcerato, corso contro i Fiorentini nel
Valdarno per ricuperare il castello di
Vincio che essi in quelle turbolenze avevano
occupato. Nella radunanza del Consiglio
Generale suddetto a bella posta per
tale oggetto tenuta perorò a favore di
Castruccio Niccola di Poggio con tanta
e robusta eloquenza in modo che gli
fu conferito il generale assoluto comando
della Repubblica per sei mesi. Ritornato
Castruccio vincitore di Vincio
a Lucca giurò nello stesso luogo della
sua elezione di ben governare per detto
tempo soltanto a tenore della risoluzione
del Consiglio. Fu perciò che molte
famiglie Guelfe abbandonarono Lucca
ormai in pieno potere dei Ghibellini.
Diminuiti così i nemici di Castruccio e
reggendo egli la città con piena soddisfazione
[p. xxi]
di tutti, avvicinandosi al termine
della sua signoria fu, nello stesso
luogo, e con le stesse forme, confermato
nel governo della città, e stato
per un' altro anno. Sempre più soddisfatti
i Lucchesi della condotta di Castruccio
prima che spirasse questo secondo
termine fu di nuovo nel governo
con le consuete formalità confermato
per altri dicci anni. Lo stato delle
cose voleva che Castruccio col rigore,
e con la severità, temperata dalla
sua rara prudenza assicurasse la quiete
in una città stata fino allora il centro
delle turbolenze. Per lo che fece
morire molti nobili che le sedizioni, ed
il sovvertimento del buon ordine a pertamente
macchinavano; indusse il Re
Roberto a pacificarsi coi Pisani, e coi
Lucchesi; rispinse Uguccione che col
favore di Mastino dalla Scala era venuto
in Lunigiana per tentare di ristabilirsi
in Pisa; punì il Marchese Spinetta
Malaspina, che a lui aveva dato ricetto
nelle sue terre; recuperò Massa, e le
altre terre di Lunigiana, e di Garfagnana,
e fortificò molte terre dello stato.
Dopo due anni di governo così prospero,
e di piena universale soddisfazione
[p. xxii]
fu dal Consiglio Generale della Repubblica
confermato in supremo ed assoluto
Signore di Lucca per tutto il tempo di
sua vita, senza che alcuno ardisse opporsi
ad una risoluzione che unica nelle
circostanze formava la sicurezza e la
tranquillità dello Stato.
Arrivato Castruccio a quel punto di
grandezza che maggiore non poteva ottenere
in patria pensò di dover corrispondere
ai voti del popolo assicurando
i suoi stati coll' ingrandirgli e perciò
fargli più forti. Colse pertanto l' occasione
che i Fiorentini si erano portati
nella Lombardia, e in loro assenza ne
invase e devastò le terre, onde questi
abbandonar dovettero quell' impresa per
ridursi a casa a difendere il proprio stato.
Volse allora le sue forze Castruccio
contro Genova, collegandosi coi Visconti
di Milano, ma i Fiorentini gli resero
la pariglia, poichè essendo entrati nello
stato di Lucca obbligarono Castruccio
a retrocedere. Non contenti di questo
i Fiorentini mandarono nell' anno seguente
al Marchese Spinetta buon numero
di soldati, acciocchè egli entrasse
da Ponente nello stato Lucchese, mentre
essi lo avrebbono attaccato da Levante.
[p. xxiii]
Ciò penetratosi da Castruccio
raccolse il maggior numero di forze,
e si portò nel Valdarno dove i Fiorentini
assediavano Montevetturino, ed obbligatigli
a sloggiare dal loro campo, ed
a tornare a Firenze in somma fretta,
si rivolse contro il Marchese Spinetta
invadendo tutta la Lunigiana, e scorrendo
fino a Pontremoli dove edificò una
torre con una iscrizione analoga alle circostanze.
In tanto splendore a cui era
salito non giudicò conveniente l' abitare
più lungamente in Lucca nella casa di
Principale dal Portico cittadino Lucchese
molto facolteso, onde risolvette di
fabbricarsi con eccessiva spesa e magnificenza
un nobilissimo palazzo nel quale
occupò quasi intiera una quarta parte
della città, quella cioè che posta fra
ponente, e mezzogiorno guarda Libeccio.
Comprese in questa gran fabbrica
oltre quattrocento case, quattro chiese
ancora, ed in quest' opera impiegò i materiali
delle trecento torri che sei anni
addietro aveva fatte demolire nelle case
dei Guelfi Lucchesi che avevano abbandonata
la città: ed imitando il superbo
costume degli antichi Imperatori Romani
denominò questa fabbrica l' Augusta.
[p. xxiv]
Prese frattanto le armi contro i Pistojesi
che avevano ardito di commettere
alcune ostilità sui confini coll' ajuto dei
Fiorentini, rispingendogli, e togliendo
loro alcuni paesi gli obbligò a rinuovare
il patto con lui poco prima stabilito di
pagargli in annuo tributo la somma di
scudi tremila. Ma i Fiorentini mal soddisfatti
dell' esito dell' affare di Pistoja
si collegarono, e dettero denari a Jacopo
Fontana Signore di Forlì acciò si
unisse con loro contro i Lucchesi. Castruccio
avvisato di tutto seppe così avvedutamente
maneggiarsi col Fontana
che lo trasse al suo partito, e diede il
guasto in gran parte al territorio Fiorentino.
In questo Lodovico il Bavaro
avendo difinitivamente ultimate tutte le
vertenze, e le turbolenze della Germania
per la sua elezione all' Impero, fu
da Castruccio a lui mandata onorevole
ambasciata. L' Imperatore grato a Castruccio
si compiacque crearlo Conte,
e Segretario Imperiale, e suo Vicario
in Lucca, e vi aggiunse molte promesse,
ed amplificazioni di privilegj. In questo
stesso tempo accrebbe lo Stato col dominio
di varie terre nella montagna
confiscate a Luporo Lupari che ne era
[p. xxv]
il Signorc, convinto, come si diceva,
di aver commessi alcuni gravi delitti. In
appresso i Pistojesi mossero nuovamente
contro il territorio Lucchese inquietando
gli abitanti sui confini, ma Castruccio
ben presto gli ridusse ai loro doveri,
accrebbe loro l' annuo tributo che
pagavano, edificò nel territorio un forte
Castello che chiamò Belriguardo, o sia
Bellaspera. Ricuperò ancora il Castello
di Pontito, e fabbricò la famosa, e quasi
inespugnabile Rocca di Pietrasanta,
e quella di Sarzanello sopra Serzana stata
poi accresciuta come oggi si vede da
Pietro Fregoso di Genova. Nacquero
circa questo tempo varj segreti dissapori
fra il Conte Raniero Signore di Pisa,
e Castruccio, atteso che il Re Roberto
di Napoli unitamente al Conte
occultamente si maneggiassero, e macchinassero
contro Castruccio, troppo
gelosi della sua prosperità e del suo ingrandimento.
Castruccio seppe dissimulare
le pratiche di questi suoi occulti
nemici aspettando favorevole occasione
di vendicarsi del Re Roberto non meno
che della poca lealtà di Raniero benchè
suo collegato.
Tutto andando prosperamente per i
[p. xxvi]
Lucchesi si trovavano essi contentissimi
del Governo di Castruccio, perchè godevano
della quiete e tranquillità nell'
interno della città, erano temuti e rispettati
dagli esteri, perchè sempre vincitori
nelle battaglie. Il desiderio di potere
lungamente godere di questi beni
determinò i Lucchesi a secondare le idee
di Castruccio per assicurare il governo
di Lucca, e fu con le antiche consuete
formalità prorogato il dominio di Lucca,
che egli aveva ottenuto finchè vivesse,
nel suo figlio primogenito Enrico giovine
della maggiore espettazione, e degno figlio
di così gran genitore. Assicurata
così nella sua descendenza la Signoria di
Lucca, avendo i Pistojesi, rotta la tregua,
tolse loro la Sambuca, ed indusse
Filippo Tedici suo principale Cittadino
a dare a lui il dominio di Pistoja e suo
territorio; ciò fatto fu il Tedici da Castruccio
creato suo Vicario, e Governatore
di quella città, e gli diede in moglie
Dialta sua figlia primogenita. Ciò
destò la gelosia degli irrequieti Fiorentini,
e posero insieme un esercito di tremila
cavalli, e ventimila fanti, composto
oltre le forze loro, dei soccorsi che
avevano ricevuti dalle città Guelfe della
[p. xxvii]
Toscana, dai Bolognesi, dalla Romagna,
dalla Puglia, dalla Francia, e dalla Germania.
Con queste numerosissime forze
si avanzarono i Fiorentini fino nella Valle
dell' Altopascio per piombare sopra
Lucca. Ma Castruccio avendo inteso la
mossa dei Fiorentini uscì da Lucca con
tutti i suoi soldati, e cavalli, e quantunque
inferiore di numero seppe così ben
disporre la sua armata, occupando i siti
più vantaggiosi, che venuto alle mani
coll' esercito Fiorentino dopo molte ore
di terribile combattimento, gli disfece
pienamente facendo prigioni quindici mila
soldati, frai quali Raimondo Cardona
Generale Spagnolo che comandava la
battaglia, Filippo suo figlio, molti Baroni
Francesi, quaranta Ufficiali delle
primarie famiglie di Firenze, cinquanta
Cavalieri oltramontani, e trenta uomini
di titolo delle terre di Toscana. Questa
strepitosissima vittoria fu da Castruccio
ottenuta in grazia dei suoi rarissimi
talenti militari, nel disporre l' esercito
alle battaglie singolarmente, e nel prevenire
sempre il nemico negli attacchi.
Galeazzo Visconti, che si trovava in Lombardia,
era accorso co' suoi per collegarsi
a Castruccio; m a giunse tardi, poichè era
[p. xxviii]
ultimata la battaglia al suo arrivo. Bramoso
di vendicare i molti oltraggj ricevuti
dai Fiorentini si spinse ad inseguire
gli avanzi fuggitivi del disfatto esercito
Fiorentino, ed avendolo secondato Castruccio
in questo suo desiderio si accamparono
sotto le mura di Firenze. Qual
fosse lo spavento, il timore, e la costernazione
di quella città è cosa facile ad
immaginarsi. Castruccio avrebbe potuto
sul momento, e con poca fatica occuparla;
ma la sua prudenza lo rattenne
da un passo che poteva essergli per altra
parte funesto. Poichè non avendo lasciato
forze alcune in Lucca, e soltanto avendovi
inviati quei pochi soldati che
facevano la scorta delle molte migliaja di
prigionieri fatti nella battaglia, ed essendoli
note le occulte prave intenzioni
del Conte Ranieri Signore di Pisa che
avrebbe trovato facilmente nei Guelfi
Lucchesi e nei prigionieri fatti dei partigiani
in Lucca, e dei soldati, non credette
opportuno alla sua sicurezza tener
lontana la soldatesca dai suoi stati. Però
sì limitò a trattenersi alcuni giorni sotto
Firenze accampato, facendo in questo
frattempo ivi correre dei Palj, e battere
delle monete dette Castruccine, in
[p. xxix]
segno e memoria della sua possanza, e
della sua bravura, e ritornossene a Lucca.
Ma il suo ritorno non fu secondo l' usato,
poichè volle farlo con tutta la massima
solennità, e pubblicità. Perciò egli
stabilì di fare in patria il suo ingresso
trionfale, conducendo dietro a se tutti
i prigioni fatti nella battaglia, portandovi
tutte le insegne, e macchine dei nemiei.
Fu il dì 11. di Novembre, giorno
ricordevole in Lucca, ricorrendo nel
medesimo la festa di S˙ Martino titolare
della nostra Cattedrale, che Castruccio
fece il suo trionfale ingresso con la massima
pompa, e fu accolto con tutte le
più grandi acclamazioni, ed il più vivo
entusiasmo dal popolo, e dagli abitanti.
Volle l' Uom grande perfino, che in tal
giorno fosse permesso ai fuorusciti, e
banditi di rientrare liberamente in Lucca,
volendo che il giorno del suo trionfo
fosse giorno di pace, e di letizia universale.
Avendo veduto i Fiorentini che soli
non erano bastanti a difendersi da Castruccio
risolvettero di chiedere ajuti ai
loro amici, e confederati, per lo che
spedirono ambasciatori in Puglia, ed in
Francia. In Puglia al duca di Calabria
[p. xxx]
primogenito del Re Roberto perchè venisse
in Toscana a difendergli, e per
questo gli offrirono l' assoluto dominio
per dieci anni: ed in Francia al Pontefice
Giovanni XXII. che risiedeva in
Avignone, acciò con l' autorità sua
raffrenasse l' ambizione di Castruccio.
Ebbero da per tutto favorevoli risposte;
perchè il Re di Francia mandò
Gualtiero conte di Baviera con alquanti
soldati e cavalli, mentre egli
stesso si preparava a venire con forze
maggiori. Il Papa spedì il Cardinale
Orsino suo Legato col titolo di Paciero,
perchè con l' autorità della Sede
Apostolica ponesse freno a tante inimicizie.
Ma nè l' uno, nè l' altro ottennero
cosa alcuna, perchè continuando Castruccio
a molestare i Fiorentini poco
curo il conte di Baviera, ed al Legato
A postolico, che mandò a complimentare
in Pisa, disse aver buona volontà di pacificarsi,
mentre coi fatti agiva secondo
che richiedevano il suo interesse, e
la sua sicurezza: onde ebbe col Papa dei
gravissimi dissapori.
Venne in questo a Firenze il Duca di
Calabria con poderosissime forze, e congiunte
queste con quelle dei Guelfi Fiorentini
[p. xxxi]
ricuperarono alcune terre e castelli
che Castruccio aveva loro occupato.
Il Marchese Spinetta unito col Duca
di Calabria si mosse contro Castruccio
dalla parte della Lunigiana, entrò
nello Stato Lucchese e fece molto guasto
nelle sue terre. Vedeva Castruccio
che male poteva resistere contemporaneamente
a due nemici che lo avevano
assalito da parti opposte, perciò lasciando
che il Duca di Calabria venisse avanti
tutto si rivolse contro il Marchese Spinetta
che disfece, e cacciò dalla Lunigiana.
Si seppe frattanto che i Visconti
di Milano, Mastino dalla Scala Signor
di Verona, Passerano di Mantova, Rinaldo
d' Este, avevano richiamato in
Italia l' Imperatore Lodovico il Bavaro
acciò prendesse la protezione loro contro
i Guelfi, e Castruccio come bene affetto
all' Imperatore volle unirsi alla lega
Lombarda. Questa notizia cangiò lo stato
della guerra in Toscana. Il Duca di
Calabria ritirò le sue truppe da Firenze:
i Ghibellini di questa città elessero Castruccio
in loro capitano generale, e gli
diedero non piccoli ajuti. Castruccio si
portò a Milano incontro all' Imperatore
Lodovico, e fu tanto bene accolto che
[p. xxxii]
potè con la sua intercessione accomodare
le serie vertenze che erano insorte fra
l' Imperatore ed i Visconti. Lodovico
conosceva troppo la bravura, ed i talenti
di Castruccio, e sapeva che la grande
opinione che si aveva in Italia di lui,
erano i soli mezzi per riuscire nei suoi
disegni, che erano di farsi incoronare
e consacrare a Roma, e di fare in scguito
la conquista del Regno di Napoli.
Castruccio promise all' Imperatore
tutta la sua assistenza e fedeltà. Congiunto
Castruccio con l' Imperatore,
e con la lega Lombarda destò in tutti
il più grave timore. Venne con Lodovico
a Lucca dove fu alloggiato nell'
Augusta con ogni sorta di onori, e di
liberalità. Qui l' Imperatore lo creò suo
Vicario in Pisa, Duca di Lucca, Pistoja,
Volterra e gli diede il titolo di
Gonfaloniere dell' Impero. Le turbo'enze
di Roma avrebbero scoraggito Lodovico
dal portarsi in cotesta Capitale
se non avesse avuto al suo fianco il temuto
Castruccio. Di fatto il popo'o Romano
fluttuante nelle opinioni sarebbe
venuto facilmente a qualchè inconsiderata
risoluzione; ma il nome di sì gran
capitano l' indusse ad adottare dei principj
[p. xxxiii]
pacifici, e furono mandati degli ambasciatori
a Lodovico e a Castruccio fino
a Viterbo. La fermezza però di quest'
ultimo, e l' avveduto contegno che con
essi tenne, fece che Lodovico potesse entrare
in Roma non solo senza opposizione
alcuna, ma vi fosse ben ricevuto dal
popolo. Lodovico essendo stato incoronato
a Roma Re dei Romani, volendo
rimunerare tanti e sì importanti servigj,
che gli aveva reso Castruccio lo
creò Conte del Laterano, Senatore di
Roma, e Luogotenente dell' Impero, e
dell' Imperatore istesso.
Voleva Lodovico malgrado le opposizioni
di Papa Giovanni XXII. passare
all'impresa del Regno di Napoli, quando
giunse a Roma la notizia che il Duca
di Calabria si era volto alla difesa
di quel Regno, e che aveva lasciato suo
Luogotenente in Toscana Filippo da Sanguineto.
Questi profittando della lontananza
di Castruccio gli aveva tolto Pistoja,
e minacciava di portarsi sopra
Lucca. Si vide Castruccio nella necessità
di abbandonare l' Imperatore, e ritornare
ad opporsi a Filippo, per lo che
Lodovico vedendosi privo di quell' appoggio
in cui unicamente confidava depose
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il pensiero di andare contro Napoli
e si volse anch' egli per la Toscana.
Giunto a Lucca Castruccio unite le sue
forze con quelle di Galeazzo Visconti
strinse Pistoja di forte assedio, diede una
terribile battaglia ai Fiorentini nella
quale egli stesso combattè per quattro
ore continue a capo scoperto fra le file
dei soldati, e disfece totalmente Filippo,
e recuperò la Città e la fortezza
di Pistoja da lui poco prima fatta fabbricare,
e che aveva denominata la Rolanda.
Lodovico vedendo in questo che
le sue cose in Italia andavano poco felicemente
attese a trar denari da tutte
le Città sotto qualunque ragione, e presone
ancora dai Pisani privò Castruccio
di quel Vicariato facendone libera cessione
ed investitura all' Imperadrice sua
consorte, la quale vi mando per suo Vicario.
il Conte di Ottinghino. Del che
sentendosi offeso Castruccio, posto da
parte ogni riguardo per l' Imperatore con
quelle forze che aveva adoperate contro
Pistoja si volse a Pisa, e se ne impadronì
alli tre di Agosto l' anno 1328.
Quì ebbero termine le imprese di quest'
uome veramente grande, poichè indebolito
dalle disgrazie sofferte, e dalle immense
[p. xxxv]
fatiche, sorpreso da febbre molto
violenta, dopo aver dato ordine a tutte
le cose dello Stato nel suo testamento,
e nei ricordi che lasciò in voce ai suoi
figli ed alla moglie, avendo ancora soddisfatto
con la più grande edificazione
ai doveri tutti della Religione, morì finalmente
il dì tre di Settembre dell' anno
medesimo, compianto generalmente da
tutti. Fu il dì 14. dello stesso mese con
solenne funebre pompa trasportato nella
Chiesa di S˙ Francesco, dove dopo le
sacre cerimonie fu seppellito innanzi
l' altar maggiore di detta Chiesa.
Le notizie sulla vita di Castruccio sono
state estratte dal Dottor Domenico
Luigi Moscheni, da varj Scrittori, e segnatamente
dal Beverini, e Tucci storie
di Lucca manoscritte. Ald. Manucci vita
di Cast. Nicolao Tegrini vita di Cast.
Scipione Ammirato storia di Toscana.
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